Nardini – Famiglia
Presente a Capranica, fiorita nei secc. XVI-XVII. Muzio, militare, fu sepolto nella tomba predispostasi nella chiesa di S. Francesco a Vetralla (1590). Stefano fu commissario di governo a Civitavecchia verso il 1610 per conto di monsignor Innocenzo Malvasia; nello stesso incarico, per conto di monsignor Girolamo Vidoni, subentrò nel 1616 e nel 1623 Madruzzo.
Un duraturo lustro alla famiglia N. diede Famiano, nato a Capranica (erronee le indicazioni di Firenze o di Capri riportate in alcuni testi) verso il 1600, importante studioso di antichità. Suo è il merito di aver individuato in Isola Farnese il territorio dell’antica Veio, contro i pareri di umanisti e antiquari rinascimentali che la ponevano altrove e quello di Domenico Mazzocchi, che con il saggio Veio difeso (1646) sosteneva con forza l’identificazione di Veio con la moderna Civita Castellana. Con L’antica Veio, «discorso investigativo del sito di quella città» (Roma, per Vitale Mascardi, 1647), dedicato al Cardinal Antonio Barberini, Famiano rispondeva efficacemente, confutando la tesi di Mazzocchi e indicando la zona tra la Storta e il Ponte Sodo, e specificamente Isola Farnese, come quella dove collocare l’antica metropoli etrusca. Ne scaturì, per quasi un ventennio, una garbata ma insistita polemica con scritti dall’una e dall’altra parte. Mazzocchi replicò con la Lettera et apologia del difensor di Veio (1653), cui rispose il nipote di Famiano, Giovanni Domenico Perazzi, con La scopetta (1654), dedicata allo stesso Mazzocchi. Perazzi, in quanto nativo di Castelnuovo di Porto, ribadì la convinzione dello zio che Veio dovesse trovarsi ben più vicino a Roma di quanto non fosse Civita Castellana. Al riguardo, Mazzocchi invano intervenne con un Supplimento a Civita Castellana circa la sua distanza da Roma (1663).
L’altro prediletto campo di indagine di Famiano fu la Roma arcaica, in particolare la zona del Foro e del Palatino. Raccolse una mole di materiali e di osservazioni in merito, predisponendoli per una pubblicazione d’ampio respiro. La morte, sopravvenuta nel 1661, gli impedì il perfezionamento dell’opera. Fu sepolto nella chiesa (oggi non più esistente) di S. Nicolò degli Arcioni, nel rione Trevi.
La sua opera, ricca di disegni, mappe e fitte annotazioni, fu pubblicata postuma nel 1666 con il titolo di Roma antica a cura di Ottavio Falconieri, con dedica a papa Alessandro VII e l’aggiunta di un saggio del Falconieri sulla piramide di Caio Cestio (Roma, per il Falco, 1665, a spese di Biagio Diversino e Felice Cesaretti). Rimase come testo di riferimento per lungo tempo, con nuove edizioni nel 1697, 1704, 1727, 1771, 1818-1820. L’edizione del 1818-1820 della Roma antica, curata da Antonio Nibby, fu ancora per tutto l’Ottocento testo largamente consultato (la pianta di Roma antica di Giuseppe Micheletti, edita nel 1873, mutuava dal Nardini le notizie sul Palatino), quantunque vari punti venissero già contestati da Stefano Piale; di recente ne è stata fatta una ristampa anastatica (1988).
Nato a Capranica il 2 giugno 1636, Nicolò abbracciò invece la carriera ecclesiastica. Laureatosi in legge allo Studium Urbis (7 apr. 1664), fu protonotario apostolico. Fu ordinato sacerdote il 26 dic. 1678. Visse a lungo a Viterbo come canonico di quella cattedrale, con le funzioni di penitenziere e di vicario generale dei vescovi Stefano Brancaccio e Urbano Sacchetti. Nel 1693 ebbe parte importante nella celebrazione del sinodo di Viterbo-Tuscania dal quale uscì come giudice sinodale ed esaminatore sinodale oltre a Provicario generale e Canonico penitenziere della cattedrale di Viterbo, cariche che già rivestiva. Nel 1696 (21 maggio) fu nominato vescovo di Acquapendente, dove si recò dopo essere stato consacrato a Roma dal Cardinal Panciatici (3 giugno). Morì a Capranica nel luglio dell’anno successivo. Uomo colto, studioso di antichità come Famiano, pubblicò il saggio storico La catedra vescovale di san Tolomeo in Nepi (Roma, per Angelo Bernabò, 1677), dedicandolo al cardinal Giulio Spinola; il volume parte dalle antichità di Nepi, parla della pentapoli nepesina e toma sul problema di Veio trattando del «vero sito» degli antichi Veienti, Falisci e Capenati. Curò inoltre gli atti dei martiri patroni di Viterbo (Acta sanctorum martyrum Valentini praesbyteri, et Hilarii diaconi, typis Viterbij, apud Petrum Martinellum, 1684), arricchendoli di note storiche e dedicandoli al cardinale Urbano Sacchetti.
BIBL. – Marocco, XIV, p. 170; Tomassetti, III, p. 89; AIS, nn. 4487-4488; HC, v, p. 92; Frutaz 1962, I, pp. 74-75, 277, II, tav. 64 (riproduzione della tavola della Roma antica di Famiano); Carosi 1990, p. 203; Weber 1994, pp. 217, 797; Carruba 2006, ad indicem; Saverio Franchi, Mazzocchi, Domenico, in DBI, 72, pp. 614-619.