Patrizi – Famiglia (Castel Giuliano-Bracciano, Sec. XVI-XX)

Antica nobile famiglia di Siena, dell’Ordine de’ Nove, stabilita in Roma dal 1537 e ivi ascritta da Urbano VIII tra le famiglie nobili «di baldacchino». Nel Lazio ebbero il feudo di Castel Giuliano, con la tenuta di Sambuco, acquistato a più riprese tra il 1546 e il 1560 e ampliato con la tenuta di Sasso (dal 1552), poi venduto all’abbazia di S. Paolo nel 1609, infine riacquistato nel 1660 e conservato fino all’estinzione della famiglia; dal 1665 questo complesso di beni fu eretto a marchesato da Alessandro VII; i P. assunsero così il titolo di marchesi di Castel Giuliano. Fuori del Lazio, ebbero dal 1630 il feudo comprendente Paganico e Civitella Marittima (oggi uniti nel comune di Civitella-Paganico, prov. di Grosseto), rimasto alla famiglia fino all’inizio del sec. XX; su di esso ebbero fino al 1747 il titolo di marchesi di Paganico, concesso da Ferdinando II Granduca di Toscana.

A Roma dimorarono dapprima in un palazzo in piazza Mattei, dai P. acquistato durante il pontificato di Paolo III, ampliato abbattendo la piccola chiesa di S. Leonardo de Albis (1598), venduto nel 1624 alla famiglia Costagli, con il nome della quale è ancora oggi noto; quindi (1579) in un palazzo in via della Dogana Vecchia (probabilmente quello in seguito detto Carpegna, oggi annesso al Senato), venduto verso il 1670 al marchese Cesare Baldinotti; dal 1642 nel palazzo in piazza S. Luigi, già Aldobrandini, acquistato dal marchese Mariano e tuttora noto come palazzo Patrizi. Ebbero anche un palazzo in via dei Funari (acquistato nel 1626 da Francesco, venduto nell’Ottocento ai Clementi, oggi sede della So­printendenza ai Beni Architettonici del Lazio). Gli stessi Mariano e Francesco eressero un casino in una vigna subito fuori Porta Pia; ivi nel 1716-1718 nacque, ad opera del cardinal Giovanni, una splendida villa, in cui alloggerà Goethe, lottizzata dal marchese Francesco dopo il 1870 e completamente distrutta nel 1908-1914 per la costruzione del Ministero dei Lavori Pubblici.

I P. ebbero sepolcri in S. Maria Maggiore, con giuspatronato sull’altare della Madonna della Neve fondato alla metà del Cinquecento da Giovanni di Francesco. Quest’ultimo, morto fra il 1553 e il 1563, fu il primo signore di Castel Giuliano; seguirono i figli Costanzo («nobilis dominus», ca. 1540 – ca. 1600), marito di Laura Placidi, e Patrizio (1548-1611), marito di Pantasilea Crescenzi; poi il figlio di Co­stanzo, Solderio (m. 1614), marito di Laura Fani di Viterbo, buon intenditore d’arte, che alienò l’intero complesso (Castel Giuliano, Sambuco e Sasso) all’abbazia di S. Paolo fuori le mura per 87.000 scudi (atto not. Olivari, 17 marzo 1609). Gli successero i figli Costanzo (1588-1622), prelato, tesoriere della Camera Apostolica, Francesco (1590 – ante 1634) e Mariano (m. 1654); il figlio di Mariano, Patrizio (1628-1689), marito di Virginia Corsini, riscattò dall’abbazia di S. Paolo il feudo di Castel Giuliano e le annesse tenute (atto not. Serrantoni del 27 ott. 1660), ottenendo da Alessandro VII la nuova infeudazione con titolo di marchese; certo gli giovò la stretta amicizia con Agostino Chigi, nipote del papa. Dopo di lui ne fu titolare il figlio Costanzo (1654-1739), marito di Porzia Gabrielli, cui successe il figlio Patrizio (m. 1747). Quest’ultimo, dalle nozze con Maria Carpegna ebbe solo una figlia femmina, Maria Virginia, in cui si estingueva la stirpe. Perciò la fece sposare con il marchese Giovanni Montoro (1701-1772), imponendo allo sposo di abbandonare il proprio cognome e assumere, per sé e per i discendenti, quello dei Patrizi.

Le nozze si celebrarono il 27 nov. 1736; Maria Virginia, pur essendo vivo il padre, trasmise beni e titoli al marito, nel quale andava ad estinguersi anche la famiglia Montoro (i fratelli di Giovanni avevano preso i voti e l’ultimo dei suoi zii, Bernardino, morì senza prole nel 1746). Da questo matrimonio, oltre a bambini morti in tenera età, nacque solo una femmina, Porzia (1752-1835), erede dei P. e dei Montoro. Il 4 giugno 1770 Porzia sposò il marchese Francesco Naro (1750-1813); in seguito a tali nozze, lo sposo assunse il cognome Patrizi, ereditandone alla morte del suocero il patrimonio e i titoli dei P. e dei Montoro, che aggiunse ai propri. Nacque così una nuova linea P., o più esattamente Patrizi Naro Montoro, tuttora fiorente. Il figlio di Francesco e Porzia, Giovanni P. Naro Montoro (1775-1818) fu dunque marchese di Mompeo (feudo già dei Naro), di Castel Giuliano (dei P.) e di Montoro (in Umbria, presso Narni, feudo da cui l’omonima famiglia, che derivava da un ramo dei Chigi, aveva derivato il cognome), nonché conte di Mustiano (già dei Naro). Dalle nozze con Cunegonda von der Lausitz (1774-1828) ebbe vari figli; tra essi, oltre a Costantino (1798-1876), che sarà cardinale, Saverio (1797-1881, gesuita, filologo ed esegeta biblico) e Filippo (1801-1858). A loro succederà un altro Giovanni, noto per aver tenacemente sostenuto Pio IX durante i moti della Repubblica Romana. Per esplorazioni geografiche in Africa e scoperte scientifiche si distinse un altro Saverio (1902-1957), che presso Sasso scavò la «grotta Patrizi», rinvenendovi tombe e ceramiche dell’eneolitico, mentre la linea marchionale, insignita nel primogenito del titolo di vessillifero di Santa Romana Chiesa, giunge fino ai nostri giorni con Patrizio (marchese dal 1957) e con Corso. Quest’ultimo nel 1997 ha inteso dare nuova destinazione alla tenuta di Sasso, creandovi, con mirate ristrutturazioni dei casali e con il contributo della Comunità Europea, un vasto complesso agrituristico denominato Monte La Puglia. – Una famiglia P. di artigiani vascellari, abbastanza benestanti, stabilita in Acquapendente dal 1490 ed ivi spesso decorata di cariche e dignità comunali, sosteneva di discendere dai P. nobili di Siena. Altri rami dei P. forse discendenti dalla stirpe di Siena sopravvivono a Napoli (duchi di Castelgaragnone) e a Città di Castello (marchesi di Rasina).

BIBL. e FONTI – ASV, Arch. Patrizi-Montoro, 723-726. Amayden, II, pp. 141-142; Valesio, V, pp. 222, 915; Crollalanza, II, p. 296; Crociani 1894; Silvestrelli, pp. 588, 597, 599-602; Clementi 1938-39, I, pp. 538, 583; Caciagli 1980; Belli Barsali – Branchetti 1981, pp. 258, 291; Vitalini Sacconi 1982, I, pp. 162, 163, II, p. 216; Belli Barsali 1983, p. III; Chiovelli 1983, p. 7; Franca Gentile, Saxum: origini e cronologia, in www.gatc.it

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]