Peroni – Famiglia (Viterbo, secc. XV-XVII)
Famiglia nobile di Viterbo, fiorita nei secc. XV-XVII, oriunda di Perugia, stabilita a Viterbo nei primi decenni del Quattrocento, fu ascritta al patriziato viterbese nel 1438. In un atto notarile del 1453 compare Perone di Marco di Angelo di Raniero di Perugia; in altro del 1466 Battista e Cristoforo, figli del fu «egregio» Perone, sono detti cittadini e abitanti di Viterbo.
A partire da Cristoforo, che fu priore del Comune nel 1474, per più di due secoli la famiglia ebbe forte presenza in città, con frequenti conferimenti di cariche civiche. Altri P. furono notai, militari, ecclesiastici. La linea principale fu quella del citato Battista, che intorno al 1476 eresse un edificio termale «conosciuto sotto il nome di Bagno dello Stoppio, nel quale introdusse per primo l’uso della doccia» (Pinzi). Figlio di un figlio di Battista fu Pacifico, notaio e cancelliere del Comune nella terza e quarta decade del Cinquecento e in seguito priore e conservatore (1567); nelle Riforme da lui redatte compaiono riferimenti ai grandi eventi storici dell’epoca e l’auspicio, che si avverò, dell’elezione a papa del cardinal Alessandro Farnese «civem Viterbiensem ac virum profecto undique integerrimum gratissimumque omnibus» (1534).
Da Battista, fratello di Pacifico, nacque verso il 1550 Olimpia, fattasi clarissa nel monastero dei SS. Simone e Giuda, con il nome di suor Chiara; per ordine di Pio V fu inviata nel 1570 a Roma, insieme ad altre consorelle, per ricostituire la regolare osservanza del monastero di S. Silvestro in Capite, affidato alle Clarisse fin dal 1285; suor Chiara fu attiva per il rinnovamento della vita religiosa in quel celebre monastero, dove si custodiva il mandylion di Edessa, immagine del vero volto del Cristo, e collaborò alla promozione dei lavori di completa ristrutturazione della chiesa e del complesso conventuale avviati sotto Sisto V. Per la sua vita virtuosa fu considerata beata (Bussi); un suo ritratto è in un affresco del chiostro di S. Francesco a Viterbo.
Figlia di un figlio di Pacifico fu invece Beatrice (1558-1623), che con un lascito testamentario di 500 scudi beneficò la medesima chiesa di S. Francesco, dove aveva fatto costruire l’altar maggiore; per decorarlo lasciò anche tre quadri e tutti i corami d’oro della sala della propria casa. Era vedova del cavalier Orazio Aiosi di Spoleto.
I personaggi più illustri della famiglia furono i fratelli Bernardino (v.) e Vincenzo (v.), ma la ricchezza delle generazioni precedenti era svanita e la stirpe stessa si avviava all’estinzione: Bernardino e fratelli non ebbero prole; un loro zio ebbe solo figlie femmine; in una di queste, Beatrice (m. dic. 1737), finì la famiglia; i beni residui, in forza del suo testamento, furono ereditati dal nipote Nicola Riccioli, figlio di sua sorella Maddalena.
I P. ebbero casa dapprima in contrada Sant’Egidio, acquistata dai Cerrosi nel 1467; nel 1537 il cardinal Egidio Antonini assegnò alla nipote Innocenza Buscini una grande casa sul Colle del duomo ed altri beni come dote per le nozze con il capitano Mariano di Battista, edificio poi passato alla Compagnia del SS. Nome di Gesù e da questa al Comune (1574) per la costruzione del nuovo ospedale; una terza e più duratura casa signorile dei P., poi passata ai Riccioli, era presso il Macello Maggiore e la chiesa del Gonfalone. Una tomba gentilizia, con la semplice iscrizione de peronibvs era in S. Francesco; un’altra nella chiesa della Trinità. Arme: inquartato; nel 1° e nel 4° di rosso; nel 2° e nel 3° d’argento alla colomba afferrante un ramo d’ulivo, il tutto al naturale.
BIBL. e FONTI – AC Viterbo, XXXVI, 10; ivi, Feliciano Bussi, Istoria della città di Viterbo. Parte seconda nella quale si comprendono gli uomini illustri di detta città, ms. del 1737, II, c. 26. Pinzi 1916, p. 213; Signorelli 1968, pp. 147-148; Angeli 2003, pp. 387-389, 797 (con completo albero genealogico).