Petrosellini Giuseppe – Letterato, librettista (Tarquinia, 29 nov. 1727 – Roma, dopo il 1797)
Figlio di Francesco (m. ante 1747), fu nipote ed erede del letterato Domenico Ottavio Petrosellini, dal quale verosimilmente fu avviato all’attività poetica. Prima del 1749 prese gli ordini minori, venendo perciò, secondo l’uso dell’epoca, chiamato abate. Personaggio centrale nella cultura romana della seconda metà del Settecento, P. fu arcade col nome di Enisildo Prosindio e in quella celebre Accademia appartenne al Consiglio direttivo dei Dodici e vicecustode; nel 1795 fu promotore del gruppo dissidente dei Forti; fu membro altresì dell’Accademia Quirina (1761), degli Infecondi (1764), degli Aborigeni (1779) – col nome di Pindaro Tebano – e dell’Accademia di San Luca.
La sua figura fu significativa per il ruolo di intermediario tra il mondo romano delle accademie, delle occasioni celebrative, dello scambio elevato tra le arti legittimato e sollecitato dalla cultura ufficiale e dalla committenza aulica e, d’altro canto, il mondo del teatro musicale giocoso, romano e internazionale. Visse a Roma, dove fu segretario del principe Benedetto Giustiniani. Ben introdotto nella corte di Pio VI svolse mansioni di funzionario della burocrazia papale con l’incarico di vagliare i testi destinati alle stampe; suo l’imprimatur dell’ Ifigenia in Tauri dell’abate Giuseppe Biamonti, con dedica di Vincenzo Monti a Carolina Durini nata Trotti (Roma, Giovanni Desideri, 1789).
I primi componimenti poetici editi risalgono al 1753 e furono pubblicati nella raccolta Adunanza tenuta dagli Arcadi in occasione d’innalzarsi in Arcadia il ritratto della sacra real Maestà di Stanislao I re di Polonia (Roma, Antonio de’ Rossi, 1753, pp. XXXIV-XXXVII), ma la sua vivacità poetica è testimoniata fin dagli anni precedenti. Poesie dell’abate sono presenti in numerose raccolte arcadi.
Nel 1784 il Giornale delle Belle Arti inaugurò le pubblicazioni con il sonetto di P. Questi è Pompeo: nel simulacro augusto in cui viene descritta la statua di Pompeo in palazzo Spada, il componimento, scritto nel 1773 e pubblicato per la prima volta nella raccolta In lode delle Belle Arti oraziane e componimenti poetici, relazione del concorso e de’ premi distribuiti in Campidoglio dall’insigne Accademia del Disegno in San Luca, il di 21 aprile 1773 (Roma, Casaletti, p. 55) fu ripubblicato a distanza di anni dall’erudito Francesco Cancellieri nella raccolta Sonetti de ’chiarissimi arcadi L’attività di librettista subentrò molto presto nella carriera di Petrosellini. Un primo viaggio a Vienna, precedente al 1759, fu destinato probabilmente a verificare le prospettive professionali nella capitale asburgica. Significativa risulta l’esperienza veneziana e la collaborazione con Nicolò Piccinni: i due libretti per il S. Samuele Le contadine bizzarre (del 1763, ripreso al Teatro Capranica di Roma nel 1765 in forma di intermezzi a quattro voci e con il titolo di Le contadine astute) e L’incognita perseguitata (1764, ripreso a Roma al Teatro delle Dame nel 1773 con le musiche di Pasquale Anfossi), entrambi posti in musica dal compositore barese, sono firmati con lo pseudonimo arcade Enisildo Prosindio. L’attività per il teatro veneziano si affiancò a quella per la piazza romana con una serie di intermezzi a quattro o cinque voci scritti in anonimato per i teatri Valle e Capranica e tutti messi in musica da Piccinni in diverse stagioni di carnevale. L incontro che contribuì maggiormente a caratterizzare lo stile comico di P. fu quello con il teatro di Goldoni; la conoscenza fra i due letterati non è certa ma probabile, vista la comune frequentazione del Bosco Parrasio nel periodo di permanenza di Goldoni a Roma (1758) e i legami con Eleonora Collalto, la nobildonna che aveva protetto P. a Vienna e incoraggiato la divulgazione delle commedie di Goldoni a Roma, alla quale entrambi i poeti dedicarono componimenti in segno di riconoscenza. Il secondo dei drammi giocosi rappresentati a Venezia nel 1764, L’incognita perseguitata, è chiaramente ispirato al dramma giocoso La buona figliuola e alla commedia L’incognita perseguitata di Goldoni (Venezia 1754) e, come si è visto, alcune delle pièces romane degli anni Sessanta attribuite a P. sono rielaborazioni di drammi giocosi del poeta veneziano. Nei primi anni Settanta P. tentò nuovamente il trasferimento a Vienna con l’aspirazione a un posto di poeta di teatro, ma senza alcuna speranza viste le restrizioni agli spettacoli di corte imposte da Maria Teresa in quel tomo di tempo (cfr. la lettera di Metastasio a Gioacchino Pizzi del 27 febbr. 1772, in Tutte le opere di Pietro Metastasio, a cura di Bruno Brandii, v, Milano, Mondadori, 1954, pp. 143-145). Molti dei più importanti compositori di opere giocose del secondo Settecento si servirono dei suoi libretti, improntati alle tendenze tematiche della librettistica coeva e a quegli espedienti comici tradizionali del repertorio giocoso – travestimenti, equivoci, scambi di persona – che ne facevano prodotti di facile consumo. Il nome di P. figura a stampa su un paio di componimenti drammatici per rappresentazioni dal carattere ufficiale, entrambi messi in musica da Pietro Guglielmi. Si tratta del Telemaco. Componimento dramatico da recitarsi alla presenza di sua altezza reale l’Arciduca Massimiliano d’Austria coadjutore del Gran Maestro dell’Ordine Teutonico nel palazzo del sig. duca di Bracciano la sera de’5. Luglio 1775, pièce in due parti con quattro personaggi e un coro, e L’Amore in villa. Componimento per musica a cinque voci da rappresentarsi nel Teatro domestico del cittadino Sforza Cesarini dagli Accademici Intrepidi, una farsetta scritta e rappresentata nell’anno VI dell’Era Repubblicana (1797-1798) il cui libretto reca la dedica di Geltrude Sforza Cesarini «al cittadino Florens commissario del Direttorio esecutivo della Repubblica Francese in Roma». BIBL. – Morei 1761, pp. 84, 93, 103, 147; Prose, e versi degli Accademici Infecondi, I, Roma, G. Salomoni, 1764, pp. 214-221, 249-251; Bollert 1939; Esposito 1972, pp. 538, 539, 588; Cella 1977, p. 151; Giorgetti Vichi 1977, p. 95; Goldin 1985; DEUMM, V, p. 676; Campana 1989-90, p. 75; Campana 1991; Robinson 1991-94, I, pp. 323-324; Franchi 1994, pp. 40, 41, 43, 130,131,133, 194, 195-196, 347, 555, 589, 590, 591, 592, 593, 613, 619, 620, 625, 635, 641, 671, 697, 778, 820; Giovanni Paisiello, Il barbiere di Siviglia, edizione critica a cura di Francesco Paolo Russo, voll. 2, Laaber, Laaber-Verlag, 2001 (“Concentus Musicus”, XI/1) [in particolare Note sulla tradizione del libretto, I, pp. 57-59]; Franchi 2002b, p. 89; Tatti 2003, in particolare il cap. 3, Note sul repertorio melodrammatico a Roma nella seconda metà del Settecento: la carriera europea dell’arcade Giuseppe Petrosellini, pp. 81-109.