Savelli – Famiglia (Secc- XII-XVIII)

Grande famiglia feudale, di rilevante importanza nella storia di Roma e del Lazio, documentata dalla fine del sec. XII, estinta nel 1712. Per secoli i S. furono considerati, insieme ai Colonna, agli Orsini e ai Conti, una delle quattro famiglie di maggiore nobiltà in Roma. La loro ascesa avvenne nel corso del sec. XIII, quando ebbero due papi, Onorio III (1216-1227) e Onorio IV (1285-1287), ma le origini dovrebbero risalire a due secoli prima e forse più indietro ancora.

I dati certi sui S. hanno inizio con Aimerico (Haymericus), figlio di un Cencio e padre di Onorio III. Altro figlio (o nipote) di Aimerico fu Luca, signore di Palombara Sabina, morto nel 1216; dei suoi figli, Tommaso e Bertrando furono fatti cardinali da Onorio III, men­tre il minore, nato postumo e perciò chiamato anch’egli Luca (m. 1266), fu podestà di Todi (1233) e per due volte senatore di Roma (1234 e 1266). Nel corso della lotta politica di papa Gregorio IX contro Federico II, si schierò dalla parte dell’imperatore, riuscendo comunque a garantire posizioni sempre più salde al proprio casato.

La stirpe era ormai di rilevanza panitaliana, come confermano le nozze di Luca con Vanna di Aldobrandino Aldobrandeschi conte di Santa Fiora; dall’unione nacquero Giovanni, senatore di Roma nel 1260, Giacomo, cardinal diacono di S. Maria in Cosmedin (1261) e poi papa Onorio IV, e Pandolfo, più volte podestà di Orvieto e Todi, senatore di Roma (1291 e 1297) e splendido signore. Il livello primario dei S. nella nobiltà romana del tempo è confermato dalle nozze di Giovanni con una Orsini (Giacoma figlia di Poncello) e di Pandolfo con una Colonna (Isabella figlia di Giovanni); di pari passo si accrescevano le loro ricchezze e i loro domini feudali e patrimoniali: nel 1279 erano già da qualche tempo signori di Albano (forse già con Luca senior) e di buona parte di Castel di Leo e Torre dei Gandolfi (poi Castel Gandolfo), nonché di metà di Torrita (oggi Torrita Tiberina) e di Nazzano; sia nella zona albana sia in quella di Palombara possedevano ampie tenute. A Roma avevano il possesso del Teatro di Marcello, da loro trasformato in rocca forse già nel sec. XII, mentre altra rocca avevano eret­to sull’Aventino là dov’era stato il palazzo di Ottone III (Rocca Savella), luogo natale di Onorio III e Onorio IV; la via da Porta Leone a S. Galla era detta strada Savella e altre case dei S. si trovavano nei rioni Regola e Parione. Giovanni e Pandolfo erano stati tra i capi del partito guelfo di Roma nelle lotte dei papi contro Manfredi e contro Corradino, ma il matrimonio con una Colonna determinò una svolta nelle scelte politiche di Pandolfo: nell’aspro contrasto tra papa Bonifacio VIII e i Colonna tentò dap­prima una mediazione, che non riuscì (1297), poi si schierò dalla parte dei parenti della moglie; morì nel 1306 e fu sepolto in S. Alessio, la chiesa sull’Aventino legata alle leggendarie origini della famiglia, restaurata e decorata da Onorio III. I Savelli vi ebbero la cappella intitolata a san Francesco (il cui ordine era stato confermato da Onorio III). In precedenza, splendidi sepolcri avevano eretto i S. in S. Maria in Aracoeli.

Luca (m. 1309), figlio di Giovanni, fu podestà di Foligno (1276), Todi (1277) e Viterbo (1284), rettore del Patrimonio di S. Pietro, rettore di Rieti, senatore di Roma (1303-1304); inoltre ebbe la carica di custode del conclave (1271), che in seguito diverrà ereditaria nella famiglia. La discendenza dei S. proseguì in linea retta a partire dal figlio di Pandolfo, Giacomo (m. ante 1355), senatore di Roma nel 1308 e 1328, vicario di Roberto d’Angiò re di Napoli, con Giovanni Battista (m. ca. 1360), custode a vita del conclave, e con suo figlio Luca (m. 1388), senatore di Roma nel 1348 e 1355. In questa fase storica i S., che ad ovest di Palombara avevano edificato il borgo di Cretone (1334), tornarono a schierarsi dalla parte dei Colonna contro Cola di Rienzo, alla caduta del quale Luca divenne il maggiorente del Comune di Roma: nel 1351, cacciato il vicario pontificio Ponzio Perotti, si impadronì del potere, ma fu cacciato da una rivolta popolare; assunse allora il comando del partito colonnese contro quello degli Orsini e proseguì a lungo, con alterne vicende, in un’intensa attività politica; nel 1371 fu inviato ad Avignone come ambasciatore del Popolo Romano. Dalle nozze con Lieta da Carrara, figlia del signore di Padova, ebbe i figli Renzo (m. 1400), Paolo e Cola, con i quali la stirpe si divise in più rami.

Andò diviso anche il patrimonio: il nucleo con Albano, Castel Savello e Castel Gandolfo spettò a Renzo e ai suoi figli, Rignano e altre terre toccarono a Paolo, Palombara a Cola. A loro volta divisero i beni i fi­gli di Renzo, Francesco e Antonello, tra cui ci furono aspri contrasti.

Da Francesco, che ottenne solo Castel Gandolfo (ben presto ceduta ai S. di Palombara), il piccolo castello di Stazzano a nord di Palombara e quote patrimoniali sul territorio di Palombara. discese il ramo dei Savelli di Ariccia, così chiamato per l’acquisto di quella terra dall’abbazia di Grottaferrata (1473) da parte di Pier Giovanni.

Dall’altro figlio di Renzo, Antonello (m. 1428), discese il ramo dei Savelli di Albano, così chiamato perché Antonello si impossessò di Albano, forse dopo aver ucciso il fratello Francesco a Velletri nei primi anni del Quattrocento. Antimo (ca. 1464-post 1544) era proprietario di un terzo di Bassano di Sutri (oggi Bassano Romano), che nel 1505 vendette per 2500 ducati a Giovanni Anguillara di Ceri. Ebbe pure (dal 1511) il castello di Collalto (oggi Collalto Sabino) nella valle del Turano. Negli ultimi anni di vita acquistò da Giovanni Francesco Orsini di Pitigliano il castello di Filacciano (11 maggio 1544), che però ben presto tornò agli Orsini.

Il ramo dei Savelli di Rignano fu fondato da Paolo, figlio del senatore Luca. Oltre a Rignano e Nazzano, egli ebbe ampi possessi in Sabina, disposti intorno alla sede vescovile di S. Maria in Vescovio: Tarano, Cicignano, Fianello, Montebuono, Rocchette, Montasola, Aspra (oggi Casperia), Cantalupo (oggi Cantalupo in Sabina), Forano; più a oriente Poggio Nativo, Poggio Moiano e Montorio (oggi Montorio Romano); inoltre Cretone, Castelchiodato, Montalbano e altre terre presso Palombara. Paolo fu valoroso condottiero per la regina di Napoli, per il duca di Milano, per la Repubblica di Venezia. A Venezia morì di peste il 3 ott. 1405. Dalla moglie Costanza Savelli (del ramo di Albano) ebbe il figlio Giovanni Battista (m. post 1447), che con breve di papa Martino V Colonna del 28 ott. 1420 ebbe la conferma di tutti i feudi e privilegi; fu inoltre nominato custode del conclave con il titolo di «maresciallo di Santa Romana Chiesa», comportante il comando delle milizie pontificie in tempo di Sede vacante. Questa dignità, rimasta alla sua famiglia, la poneva a capo di una giurisdizione speciale, con proprio tribunale («Corte Savella») e proprie carceri nel rione romano della Regola. Durante gli aspri contrasti dei S. con papa Eugenio IV, Giovanni Battista fece testamento (11 sett. 1445), ma visse ancora qualche anno. I suoi figli Giacomo (m. 1469) e Pandolfo furono dapprima accolti con favore dal nuovo papa Nicolò V, ma durante i pontificati di Callisto III e Pio II subirono amputazioni ai domini di famiglia: il 31 luglio 1456 fu confiscata Nazzano (che sarà assegnata all’abbazia di S. Paolo) e quattro anni dopo, essendo stato Giacomo tra i capi della rivolta repubblicana del 1460, toccò ad alcuni feudi della Sabina, che furono riottenuti dopo molti sacrifici. Poiché Giacomo aveva solo figlie femmine, la signoria di Rignano, Tarano, Cicignano, Fianello, Montebuono, Rocchette, Forano e Montalbano era stata assunta da Pandolfo, mentre alle figlie di Giacomo toccarono Montasola, Aspra, Cantalupo, Poggio Nativo, Poggio Moiano, Montorio, Cretone e Castelchiodato; avendo le figlie di Giacomo sposato due cugini del ramo di Palombara, queste terre (recuperate o rivendicate) passarono a quel ramo con atto di cessione del 30 genn. 1473 sottoscritto dalla primogenita Bartolomea.

Figura meno avventurosa di Giacomo (che, catturato a Palombara, il 10 luglio 1461 si gettò ai piedi del papa implorandone il perdono) fu Pandolfo, che alla morte del padre ottenne la dignità di maresciallo della Chiesa, esercitata con splendore nel conclave del 1455. Fece testamento nel 1466 a favore del terzogenito Filippo, ma per volontà di papa Paolo II gli successe il figlio Pierfrancesco, confermato maresciallo con breve pontificio del 28 ag. 1471. I S. di Rignano, molto danneggiati dalle vicende di Giacomo, proseguirono nel nipote Paolo (m. ca. 1545) che, oppresso dai debiti, alienò alcuni beni ai Farnese; la decadenza si accentuò nei discendenti: il figlio Onorio, colonnello dell’esercito del granduca di Toscana, vendette Montalbano ai Cesi (1560) e diede Fianello come dote alla figlia Diana, sposa di Enrico Orsini di Monterotondo (1565); Luzio (ca. 1545 – 1617), figlio di Onorio, fu da adolescente al seguito dei Colonna nella guerra di Campagna, poi visse dispendiosamente come mecenate di attività musicali e fu perciò costretto a vendere Forano al cognato Leone Strozzi (16 ott. 1599) e Rignano a Francesco Borghese, fratello di papa Paolo V (23 febbr. 1607); Onorio (1603-1651), figlio di Luzio, si sposò con Felice Tovaglia (m. 1655) ma non ebbe prole, per cui alla sua morte Tarano e le terre cir­convicine passarono al cugino Luca, mentre il resto ricadde in possesso della Camera Apostolica. Luca (m. 1671) discendeva da una linea in origine illegittima (il nonno Luca, figlio del citato Paolo, era prelato ma ebbe un figlio naturale da cui nacque Luca), ma legittimata e accolta nella nobiltà roma­na; ebbe così la carica di priore dei caporioni del Comune di Roma (1656) e fu investito con titolo di marchese del feudo di Tarano. Dalle sue nozze con la nobile perugina Diana Donzelli ebbe il figlio Lu­zio, nato il 2 maggio 1654, suo successore nel marchesato di Tarano, insignito di molte cariche civiche romane (fu conservatore per tredici volte, colonnello del Popolo, vicesenatore, edile delle Strade). Essendo rimasto sterile il suo matrimonio con Medea Palombara, con lui si estinse il ramo dei S. di Rignano. Il marchesato di Tarano tornò alla Camera Apostolica.

Il ramo dei Savelli di Palombara fu il più ricco e importante della stirpe. Anche più degli altri rami ebbe il culto delle memorie familiari: nel palazzo eretto sul Teatro di Marcello erano esposti i ritratti dei papi nati nella loro famiglia come trofeo di nobiltà; inoltre, per conservare gli usi medievali, le donne di casa S. non fecero mai vita mondana, poco uscendo per la città se non in incognito in carrozze ben chiuse agli sguardi dei curiosi. Fin dall’origine questi S. ebbero Palombara (oggi Palombara Sabina) e Castel Gandolfo, oltre a varie tenute, tentando invano di espandersi su Genzano e Civita Lavinia e con più fortuna su Rocca Priora.

BIBL. e FONTI – Documenti di famiglia in AC, Archivio Cardelli. Ritraili 1635 (biografia e ritratto di Giovanni Battista S.); Difesa 1644; Sansovino 1670, pp. 481-496; Valesio, II, p. 305; Ratti 1795, II, pp. 297-347; Lucidi 1796, passim (con quantità di documenti tratti da fonti notarili e parrocchiali); Litta, Savelli; Marocco, I, pp. 169-170, 178-192, II, pp. 9-18, 58-72, 82-84, 93-94, 98-104, 121, 136-140, 167­-168, VII, pp. 14-34, 184-185; Moroni, LXI, pp. 294-308; Casimiro da Roma 1845, pp. 173-188; Malpica 1850; Berti 1882, pp. 52-53, 69, 157-159, 162, 195-196; Coletti 1887, p. 271; Celani 1891-92; Celani 1893; Tomassetti 1894; Pastor, I, pp. 220-221,482, 659, II, pp. 81-85,705, XI/2, pp. 625,630, XIII, p. 877; Del Pinto 1907; Carlo Augusto Bertini in Amayden, II, pp. 188-189; Tomassetti, II, pp. 146-147, 177-193, 224, 228, 243, 245, III, p. 348, IV, pp. 347,486-487, 535-536, VI, p. 206; Cecchelli 1912; Silvestrelli, pp. 171-173, 174-176, 186-187, 203-205, 384, 393, 397, 400, 410-411, 440, 450, 453, 477, 510, 516, 521, 522; Cecchelli 1942; Valori 1943, pp. 138, 140, 142-147; Marchetti Longhi 1943-44, p. 26; Kartusch 1948, pp. 40, 109; Pelliccioni 1956; Gigli 1958, pp. 131,427, 472; Bonadonna Russo 1979; Belli Barsali – Branchetti 1981, pp. 288-289; Del Re 1981; Guglielmi 1985; Bugliosi 1989, pp. 43-44, 87, 105-106; Lefevre 1992; Weber 1994, pp. 899-900; Elisabetta Calabri, Le vicende storiche dal Medioevo all’età moderna, in Filacciano 1995, p. 51; Savio 1999, IV, pp. 760-762; I Cenci 2002, pp. 276-280, 334-335; Rendina 2004, pp. 553-556; Genealogie, Savelli, Savelli di Ariccia, Savelli di Albano, Savelli di Palombaro, Savelli di Rignano.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus; riduzione di Luciano Osbat – Cersal]