Sforza, Guido Ascanio – Cardinale (Parma, 25 nov. 1518 – Canneto sull’Oglio, Mantova, 6 ott. 1564)
Nacque da Bosio II, quarto conte di Santa Fiora e Cotignola, e da Costanza Farnese, figlia legittima del cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III. A 16 anni, in occasione del concistoro del 18 dic. 1534, fu creato cardinale grazie ai favori del nonno. A quell’epoca studiava a Bologna nel collegio fondato per i giovani della famiglia Farnese da Pietro Ancarano. Per distinguerlo dal fratello cardinale Alessandro, dallo zio cardinale Francesco e dal prozio cardinale Federico, fu comunemente appellato «cardinale di Santa Fiora».
Tra i tanti vescovadi, commende, incarichi politico-religiosi e diplomatici che ricoprì si ricorda la nomina, avvenuta il 12 nov. 1528, a soli 10 anni, a vescovo amministratore della diocesi di Montefiascone e Corneto (oggi Tarquinia); a questa rinunciò nel 1548 e in maniera definitiva il 20 dic. 1555. Da cardinale ebbe il titolo di S. Vito, Modesto e Crescenzia; il 31 maggio 1540 vi aggiunse il titolo di S. Maria in Cosmedin; il 10 dic. 1540 quello di S. Eustachio; il 9 marzo 1552 il titolo di S. Maria in Via Lata. Il 13 ago. 1535 fu nominato amministratore apostolico di Parma, carica alla quale rinunciò il 26 apr. 1560.
Il 22 ott. 1537 verme nominato cardinale camerlengo. Nel biennio 1537-1538 fu legato di Bologna e della Romagna; nel 1540, in occasione della guerra turca, legato a latere in Ungheria. Il 6 apr. 1541 venne designato amministratore del patriarcato di Alessandria in Egitto. Nel 1542 ottenne il governo a vita del feudo di Proceno in precedenza assegnato fino alla quarta generazione ai fratelli Mario, Alessandro e Paolo: gli Sforza lo governarono fino alla fine del XVII secolo.
Il prestigio e la ricchezza ne fecero uno dei protagonisti dei conclavi del 1550, 1555 e 1559, da cui uscirono eletti rispettivamente Giulio III, Paolo IV e Pio IV. Tuttavia, avendo sempre rappresentato la fazione filoimperiale contro quella filofrancese, l’elezione di papa Paolo IV, nemico degli Spagnoli, lo fece cadere in disgrazia. Tra il 30 e il 31 ago. 1555 il pontefice, adducendo un pretesto artificioso, decretò il suo arresto e lo fece imprigionare a Castel S. Angelo. Liberato grazie a una cauzione di 200.000 scudi, riprese rapidamente potere e quindi, dopo l’elezione del nuovo pontefice Pio IV (1559), fu scelto quale portavoce del re di Spagna, divenendo assai influente a corte. Arciprete presso la basilica di S. Maria Maggiore, vi fece realizzare, a partire dal 1556, un sacello personale dedicato alle sante Lucilla e Flora, e progettato, secondo il Vasari, da Michelangelo Buonarroti.
Mecenate di grande cultura, lo S. finanziò con 30.000 scudi la fabrica della cattedrale di Montefiascone che giaceva abbandonata da anni. Nella primavera del 1546 la portò fino al primo cornicione, facendo completare il coro dell’altare maggiore, come attesta lo stemma Farnese-Sforza collocato sull’arco della stessa cappella. Nel 1550 chiese alla comunità una partecipazione finanziaria alla copertura della chiesa, ma il Consiglio decise di concedere soltanto il carreggio. Può apparire anacronistico l’intervento dello S. che, nel 1548, aveva lasciato la diocesi per rinunzia fatta con diritto di regresso; ma bisogna considerare che lo stesso cardinale non aveva rinunciato al suo incarico di amministratore perpetuo. L’architetto Antonio da Sangallo il Giovane, ancora il 5 gen. 1557, veniva menzionato come «architectori fabrice sancte margarite» alle dipendenze del cardinale di Santa Fiora. Preso da molti impegni, lo S. delegò la visita pastorale diocesana del 1542 al suo vice Feliciano De Angelis, e la successiva a Bartolomeo Venturelli. Morì di febbre violenta, durante un viaggio da Venezia a Roma; il suo corpo fu traslato a Roma e sepolto nella cappella Sforza in S. Maria Maggiore. Ne resta un ritratto conservato nella diocesi di parma.
BIBL. e FONTI – Cedido, Archivio dell’antica Diocesi di Montefiascone, Serie “Visite pastorali”, Visita Sforza. – Chacón 1630, II, coll. 1502-1503; Cardella, IV, pp. 140-43; Moroni, XLVI, p. 221; Ceccarelli 1928-33, pp. 59-62; HC, III, pp. 23, 73, 74, 75, 76, 81, 102, 110, 248-49, 270; M. C. Giannini, voce in DBI, vol. 92, pp. 439-442; M. Brizi, Castrum Proceni. Paese di frontiera, Viterbo 2006; D. Cruciani, L. Mezzetti, Storia dei vescovi di Montefiascone, Montefiascone 1987, pp. 81-83.