Chiesa dei SS. Faustino e Giovita 

Entro le mura della città di Viterbo, sulla piazza omonima, sorge la chiesa di San Faustino di cui le prime notizie risalgono al 1236 e riguardano gli interventi intrapresi da papa Gregorio IX e volti all’estirpazione dell’eresia nei territori della Tuscia. In quella data San Faustino era già in piedi  (forse dal 1226) e probabilmente era già annessa alla prioria di San Luca. Alla fine del XIII secolo il vescovo Pietro – che aveva ricevuto dalla Santa Sede considerevole fiducia ed importanti incarichi – ottenne numerosi privilegi a favore delle chiese di Viterbo e delle altre città della Diocesi; tra questi, l’8 novembre 1290 compaiono le concessioni accordate alla chiesa dei SS. Luca e Faustino[1].

Il violento terremoto che, nel 1349, provocò ingenti danni al capoluogo della Diocesi, sembrò non compromettere San Faustino che restava una delle chiese principali della città e contava, in quegli anni, 5 canonici ed un cappellano[2].  Sita nel rione più popoloso di Viterbo, nel 1450 pagava una Terzeria di 43 baiocchi contro i 38 della cattedrale.  In quegli anni, nonostante venga indicata nei documenti come la più scarsa di rendite, la chiesa aumentò continuamente di cappellanie erette ad opera di devoti benefattori che continuarono però a protestare sulla reggenza della chiesa da parte del priore di San Luca[3].

S. Faustino – come le altre grandi  parrocchie – restò per molti anni il centro della vita civile e sociale della città; anche quando la popolazione diminuì a causa delle numerose pestilenze, le chiese restarono sovvenzionate ed amministrate dai parrocchiani che, gelosi delle antiche consuetudini,  facevano a gara per onorare il santo della contrada il cui territorio – salvo rare eccezioni – quasi sempre coincideva con quello della parrocchia. Nelle chiese venivano eletti gli “Anteposti” incaricati di riscuotere le prestanze, distribuire il sale, tenere il registro degli abitanti della contrada, essere depositari delle armi; avevano il compito di vigilare sull’ordine pubblico, mettere pace tra i cittadini ed assistere il rettore della chiesa nell’amministrazione dei beni parrocchiali[4].

L’impegno civile coinvolse anche il vescovo Egidio da Viterbo che, all’inizio del 1500 – conscio che il dovere di un pastore delle anime non era soltanto quello di occuparsi del regolare esercizio del ministero sacerdotale e del culto ecclesiastico, ma di curare anche il vivere civile del popolo – si impegnò a risolvere i contrasti interni alla città, che avevano portato alla soppressione del Podestà e limitato le mansioni dei priori del Comune. Per tale compito il vescovo si avvalse dell’aiuto dei cardinali e dell’ordine dei cavalieri di Rodi[5] che in quegli anni (1522 – 1526) officiavano nella chiesa di San Faustino[6].

Nel 1562 il territorio di competenza della chiesa si espanse ancora, venne soppressa la parrocchia di San Pietro della Rocca ed unita a quella dei SS. Luca e Faustino. Con l’annessione di San Pietro, la chiesa aumentò i proventi, ma il visitatore apostolico Alfonso Binarino riscontrò essere diventata, la parrocchia, troppo vasta e ritenne necessario dividerla in due parti, attribuendo a ciascuna delle due chiese una zona su cui esercitare la cura delle anime. La chiesa rimase sotto il duplice titolo e continuò ad essere sottoposta al priore di San Luca quale capo del Capitolo. La rettoria di San Faustino acquistò sempre maggiore importanza per essere la contrada più popolosa della città, e per essere stata officiata dai Cavalieri di Rodi durante la loro presenza a Viterbo[7]. Da questi, in cambio dell’ospitalità concessa, aveva ricevuto in dono l’immagine della Madonna di Costantinopoli posta sull’altare maggiore[8].

Più tardi, nel 1655, la chiesa fu resa compartecipe delle indulgenze e dei privilegi goduti dall’ordine Gerosolemitano[9]. Nel 1824 fu riconsacrata dal vescovo Gregorio Zelli Jacobuzzi[10].  Nel 1870 venne canonicamente soppressa come collegiata e chiusa al culto fino al 1901 quando iniziarono i lavori di restauro[11].

[1] Giuseppe Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. I, Viterbo, Cionfi, 1907, pp. 194, 300.

[2] Ibidem, p. 392.

[3] G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa,  cit, Vol. II, Parte I, p. 219, 238; Cfr. Mario Signorelli, La chiesa di S. Faustino in Viterbo, memorie  storiche di Mario Signorelli, Viterbo, Quatrini, 1961. pp. 4-5.

[4] Gli anteposti di San Faustino erano divisi secondo i corsi d’acqua. St. Civ, 1469, Rub. 39 – 40, G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa,  cit. Vol. II parte I, p. 241.

[5] G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa,  cit. Vol. II, parte II, p. 27.

[6] “La rosa, Strenna viterbese”, 1886, anno XVIII, Viterbo, Agnesotti, p. 113.

[7] G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa,  cit. Vol. II, parte II pp. 249, 361.

[8] Mauro Galeotti, Viterbo città illustrissima, Viterbo, Quatrini, 2002, p 287.

[9] G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa,  cit. Vol. II, parte II p. 362.

[10] M. Signorelli, La chiesa di S. Faustino in Viterbo,  cit. p. 14.

[11] M. Galeotti, Viterbo città illustrissima, cit,  p. 287.

[Scheda di Elisa Angelone – Cersal]