Bonaparte, Luciano – Principe (Ajaccio, 21 mar. 1775 – Viterbo, 29 giu. 1840).

Terzo figlio di Carlo Maria Bonaparte e di Maria Letizia Ramolino, come i fratelli ricevette un’educazione militare in Francia. Dopo gli eventi rivoluzionari del 1789, militò sia in Corsica che in Provenza tra i partigiani di Robespierre col nome di «Bruto». Di carattere forte e appassionato oratore, nel 1798 entrò nell’Assemblea dei Cinquecento assumendone la presidenza e fu tra i protagonisti del colpo di stato del 18 brumaio (9 nov.) 1799. Nel maggio del 1800 rimase vedovo della giovane Christine Boyer, sua moglie dal 1794, che gli aveva dato due figlie. A novembre Napoleone lo nominò ambasciatore in Spagna, deciso a instaurare proficui rapporti di collaborazione con quel Paese; dopo la firma del trattato di Badajoz, che sanciva il termine delle ostilità tra Spagna e Portogallo con grande vantaggio economico per la Francia che della prima era alleato, Luciano fu richiamato in Francia all’inizio del 1802.

Il soggiorno in Spagna segnò la prima crisi nei rapporti tra i due fratelli Bonaparte: obiettivo di Napoleone era il controllo militare del Portogallo e la politica di Luciano, ossequiente fino al 1800, poi  autonoma, non aveva rispettato quanto gli era stato richiesto. Luciano giunse a Parigi con un cospicuo patrimonio personale; aveva portato con sé dalla Spagna il nucleo di una collezione d’arte che accrebbe con avveduti acquisti sul mercato antiquario. All’asta acquistò La Madonna dei candelabri di Raffello e capolavori di Velazquez, di Guido Reni e di Annibale Carracci. A Parigi conobbe la ventiquattrenne Alexandrine de Bleschamps vedova Jouberthon, madre di una bambina. La relazione, decisamente osteggiata da Napoleone e dalla famiglia, sarà coronata in seguito dalla nascita di altri nove figli. Il 24 maggio 1803 nacque a Parigi il primogenito Giulio Lorenzo Luciano (poi sempre chiamato Carlo Luciano); nell’ottobre successivo si celebrò il matrimonio religioso tra i genitori. Il contrasto tra i due fratelli Bonaparte divenne insanabile: nei piani di Napoleone, che disprezzava Alexandrine, Luciano  doveva sposare Maria Luisa di Spagna, vedova di Luigi I di Toscana. Nel 1804 Luciano, che aveva ormai ben compreso le mire dittatoriali del fratello, decise di lasciare la Francia con la famiglia alla volta di Roma. Ben accolto sia dal pontefice che dall’aristocrazia romana, i Bonaparte di stabilirono dapprima a palazzo Lancellotti ai Coronari presso lo zio cardinale Fesch, poi a palazzo Nuňez in via Bocca di Leone (al momento del trasloco, nel giugno 1804, Antonio Canova stese un accurato catalogo delle 94 preziose opere della collezione d’arte).

I Bonaparte condussero un’intensa vita mondana, cui Luciano alternò soggiorni nella quiete della villa «La Rufinella», nei pressi di Frascati, che comprò nel 1804. Nel feb. 1808 acquistò i terreni della Camera Apostolica nella zona di Canino, dove giunse per la prima volta il 15 agosto. Da novembre dello stesso anno si trasferì con la famiglia nel castello di Musignano, sul torrente Timone. Con l’annessione all’impero napoleonico degli Stati romani, Luciano decise di lasciare l’Italia per gli Stati Uniti. La fuga su un brigantino si arrestò nell’ago. 1810 al largo della Sardegna, dove gli inglesi catturarono la famiglia e la trattennero fino al 1814 in Inghilterra. In quell’anno, restaurato il governo pontificio, B. riuscì a rientrare a Roma sotto falso nome e ricevette dal papa il titolo di principe di Canino. Accorse a Parigi durante i Cento giorni, a fianco di Napoleone contro i nemici della VII Coalizione. Alle vicende del fratello e alla situazione francese dedicò due opere, pubblicate a Londra rispettivamente nel 1834 e nel 1835: Aux citoyens français, un citoyens français: un appello a sostegno della causa bonapartista, nel quale propone di ristabilire tramite plebiscito una Repubblica consolare elettiva, e La vérité sur les Cent-Jours: ricostruzione dell’ultimo periodo di Napoleone al potere.

Rientrò a Roma nel sett. del 1815, sorvegliato speciale dallo Stato Pontificio e dai rappresentanti della corte francese, ritirandosi presso «La Rufinella». Oltre all’amore per le lettere, Luciano coltivò con passione l’astronomia, sempre assistito dal francescano Maurizio da Brescia, letterato, matematico e astronomo che aveva assunto come precettore dei suoi figli; si spostò tra Roma, Bologna e Senigallia dove nel 1823 fece  installare un telescopio acquistato nel periodo della sua «prigionia» inglese. Il 21 marzo 1824 Leone XII gli concede il titolo di principe di Musignano. Da tempo era interessato all’archeologia, che aveva iniziato a  sperimentare sin dai primi anni di permanenza in Italia: alla «Rufinella», che molti eruditi avevano identificato con l’antica villa di Cicerone, si dedicò alla sistemazione del parco dando seguito ai primi saggi di scavo interrotti nel 1810 con il tentativo di fuga verso gli Stati Uniti. Nel 1815, quasi recluso nella villa tuscolana, B. riprese l’attività archeologica nella zona del Tuscolo fino al 1820, quando, sfuggito ad un tentativo di rapimento, decise di vendere la villa. La riscoperta dell’antica città di Vulci da parte dell’archeologo di Tuscania Vincenzo Campanari suscitò il suo immediato interesse; ottenuto dal Camerlengato la licenza di scavo nella tenuta di Ponte della Badia, B. diede vita ad uno dei quattro cantieri che, a partire dal 1828 portarono alla luce gli importanti reperti della zona.

Con la moglie Alexandrine, decise di proseguire i saggi in località «Doganella» per concentrarsi poi sulla zona del tumulo della Cucumella. B. studiò la storia etrusca e suddivise la necropoli in base ai distretti familiari che era riuscito a rintracciare sulle fonti epigrafiche. Le prime tre campagne di scavo dettero buoni risultati: riaffiorarono oggetti in bronzo e oreficeria e, soprattutto, migliaia di vasi attici a figure nere e rosse che B., errando, classificò come etruschi. Coadiuvato dal sempre presente padre Maurizio da Brescia, nel 1829 B. pubblicò per i tipi della tipografia Tosoni di Viterbo Museum étrusque de Luciano Bonaparte prince de Canino. Fouilles de 1828 à 1829 vases peints avec inscriptions dove espose i risultati degli scavi eseguiti nei dintorni di Vulci. Le campagne di scavo successive al 1832 portarono alla luce altri reperti, tra i quali vanno ricordate due tombe con antico corredo funerario.

Dal 1837 le difficoltà economiche in cui la famiglia versava e l’intraprendenza di Alexandrine costrinsero i coniugi a vendere parte della collezione archeologica: gli scavi da loro promossi ed eseguiti, comunque, proseguirono in località Ponte Sodo e ripresero al Ponte della Badia. L’improvvisa morte di B. mentre era in viaggio verso Siena lasciò Alexandrine unica responsabile dell’indagine archeologica e del commercio dei pezzi rinvenuti; la vedova proseguì a ritmo serrato l’attività fino alla morte, avvenuta per colera a Musignano il 13 luglio 1855. Tra le sue opere di particolare interesse il volume di Mémoires  (Parigi 1836) completato da quanto pubblicato dalla moglie nel 1845 e da F. Jung nel 1882-1883.

A Canino è attiva dal 2008 l’Associazione culturale Luciano Bonaparte Principe di Canino che pubblica un periodico (“Canino 2008”) prevalentemente dedicato a ricerche su L B, la sua famiglia, la sua presenza a Canino ai primi del XIX secolo.

Lo ricorda un monumento sepolcrale conservato nella diocesi di Viterbo.

BIBL. – Bonaparte Luciano in Enciclopedia italiana, vol. VII, 1930;  F. Bartoccini, Bonaparte, Carlo Luciano , in DBI , 11, pp. 549-550; Del Re 1982, pp. 273-296; A. Pietromarchi 1994, pp. 163-185, 256-265; Natoli 1995, pp. 8-21, 23-27, 29-33; M. Marroni, Luciano Bonaparte principe di Canino, Presidente del Consiglio dei cinquecento, Ministro degli interni, Ambasciatore, Senatore , Montefiascone, Tipografia Silvio Pellico editore, 2012.

[Scheda di M. Giuseppina Cerri – Isri; integrazioni di Luciano Osbat – Cersal]