Bussi  Giulio – Letterato (Viterbo, 12 marzo 1646 – ivi, 14 aprile 1714).

Figlio primogenito di Giovanni Battista e di Eleonora di Marsciano, fratello di Antonio Domenico, di Alessandro, Luciano, e del futuro cardinale Giovanni Battista, ricevette la sua prima educazione a Roma tra i convittori del Seminario Romano. Fu tra i  consiglieri scelti tra i Quaranta nobili di Viterbo e occupò varie cariche nella magistratura cittadina. Passato a Roma, nel 1691 ebbe l’incarico di Maestro delle strade e poi nel 1696 e nel 1701 quello di Conservatore. Clemente XI, che lo aveva in grande considerazione, lo creò Cameriere di cappa e spada. Ebbe il titolo di conte del Poggio Aquilone, piccolo castello presso Marsciano, ereditato dalla madre. Sposò nel 1680 Cecilia, figlia del marchese Domenico Maidalchini e di Eugenia Spada, avendone numerosa prole. Commendatore dell’Ordine cavalleresco dei SS. Maurizio e Lazzaro, fu buon letterato, ma ebbe fama anche maggiore come maestro d’armi cavalleresche ed equestri.

Visse a Viterbo nel palazzo di famiglia e a Roma nel palazzo Accoramboni presso S. Luigi dei Francesi, insieme al fratello Luciano, prelato di Curia e canonico di S. Maria Maggiore. Entrambi furono accolti nell’Accademia d’Arcadia il 13 maggio 1691; Giulio come Tirinto Trofejo, Luciano come Eumolpo Tiseo.

Fu caro a Giovan Mario Crescimbeni «custode» di quella celebre accademia e amico di altri arcadi di spicco (Vincenzo Leonio, Giovanni Maria Zappi, l’abate Somai). Fu anche membro dell’Accademia degli Ardenti di Viterbo  con il nome di Tirinto Troleio (ed ivi principe nel 1712); secondo il suo biografo Barlettani Attavanti fu anche accademico Umorista. Si dedicò soprattutto alla poesia nella quale ebbe una sciolta facilità, privilegiando il genere oratorio, per il quale collaborò a più riprese con il compositore Alessandro Melani (la conoscenza tra i due fu agevolata dal fatto che Melani era maestro di cappella di S. Luigi de’ Francesi, parrocchia romana di B.). Del resto gli interessi musicali di Giulio risalivano alla sua giovinezza: nel 1669 aveva avuto in dedica i Sacri concentus op. 6 di Angelo Berardi, maestro di cappella della cattedrale di Viterbo. Dopo la morte di Melani (1703) collaborò con altri compositori (Carlo Cesarmi, Francesco Magini). Ma la sua fatica letteraria più nota è la volgarizzazione nel metro delle terzine dantesche delle Heroides di Ovidio. A Viterbo furono pubblicati L’Epistole eroiche di Ovidio, tradotte in terza rima dal Conte Giulio Bussi. Prima parte, In Viterbo, Per Giulio de’ Giulii, MDCCIII e  L’Epistole eroiche di Ovidio, tradotte in terza rima dal Conte Giulio Bussi. Parte seconda, In Viterbo, per Giulio de’ Giulii, MDCCXI. Nel 1724 pubblicò postuma Per la solenne traslazione de’ Sacri Corpi de’ SS. Martiri Valentino ed Ilario, protettori  della Città di Viterbo. Oratorio del quondam Signor Conte Giulio Bussi, posto in musica dal Signor Carlo Monza, In Viterbo, per l’Erede di Giulio de’ Giulii, 1724. Dopo la morte di B. avvenuta il 14 aprile 1714 la vedova Cecilia visse a Roma, dove morì il 26 marzo 1736 all’età di 75 anni; fu sepolta nella cappella Bussi di S. Maria in Trastevere.

Bibl.: N. Angeli, Famiglie viterbesi. Storia e cronaca. Genealogie e stemmi, Viterbo 2003, , p. 80; S. Franchi, voce Bussi, Giulio in Dizionario storico biografico del Lazio, Vol. I, Roma 2009; G.  Coretini, Brevi notizie della città di Viterbo e degli uomini illustri, dalla medesima prodotti, Roma, 1774, pp. 122-123; A.  Carosi, Il Settecento, Viterbo 1997 .

[Scheda di Redazione – Cersal]