Dobici Cesare – Compositore, musicista (Viterbo 11 dic. 1873 – Roma 25 apr. 1944).

Figlio di Naza­reno e di Lucia Croce, nacque in una casa del cen­tro storico, nel vicolo Palombi (oggi via dei Tigno­si dal nome di una nobile famiglia medievale). Il padre aveva laboratorio di sellaio sul Corso ed aspi­rava per il figlio a un posto nell’amministrazione statale e al diploma di ragioniere. Ma D. aveva un forte passione per la musica e si comprò con i pro­pri risparmi un flauto. Un frate domenicano france­se che risiedeva nel convento di S. Maria della Quercia, dopo averlo udito suonare, gli dette i pri­mi insegnamenti musicali; il ragazzo, così raccon­ta suo figlio Nazareno, si recava tutti i giorni a pie­di al convento (distante ca. 2 km da Viterbo) per stu­diare. In seguito D. continuò a studiare nel conven­to di S. Maria Liberatrice o della Trinità con l’agostiniano padre Vittori; in quella chiesa suonava l’or­gano durante le funzioni religiose. Queste esecu­zioni lo fecero conoscere a un musicista viterbese, Angelo Medori, che lo accolse gratuitamente tra i suoi allievi; quando Medori morì, D. continuò con Salvatore Meluzzi, direttore della Cappella Giulia. A Meluzzi D. fu particolarmente grato per l’inse­gnamento del contrappunto diatonico «nella tonali­tà antica, insegnamento che il Dobici deplora non sia impartito nei Licei, e senza del quale – egli af­ferma – il Palestrina diviene un libro muto o si in­terpreta a capriccio» (De Angelis). Meluzzi lo pre­parò per l’ammissione al Liceo musicale di S. Ce­cilia ove D. prosegui lo studio del pianoforte con Vitale e conseguendo il diploma con Sgambati, poi diplomandosi in armonia principale con Remigio Renzi e, nel 1899, in composizione con Cesare De Sanctis. La sua carriera iniziò a Viterbo dove ebbe la direzione della Cappella musicale del duomo (30 luglio 1899) e si preoccupò dei restauri che erano necessari per l’organo, si impegnò a dare lustro alla festa del titolare della cattedrale, s. Lorenzo, facendo venire da Roma musici apprezzati e a celebrare degnamente le feste per il VI°  centenario della traslazione dei corpi dei martiri Ilario e Valentino. Ma ben presto la Cappella musicale del Duomo cominciò ad essere gestita direttamente dal Prefetto del coro della Cattedrale esautorando di fatto il D. Egli aveva nel frattempo cominciato l’insegnamento del canto nella scuola magistrale «G. Carducci» che poi abbandonò perché i suoi interessi romani diventarono prevalenti. La sua vena compositiva si manifestò in particolare quando si dedi­cò alla musica sacra, schierandosi con coloro che propugnavano l’esecuzione nelle chiese di una mu­sica sacra originale ma aderente alle genuine fonti del canto gregoriano e della polifonia rinascimen­tale (Lorenzo Perosi, Oreste Ravanello, Luigi Bottazzo, Raffaele Casimiri). Seguendo questa linea compose numerose musiche sacre, a vario numero di voci, a cappella o con organo; tra le composizio­ni più massicce il Tota pulchra a tre cori e tre orga­ni per il cinquantesimo anniversario del dogma del­l’Immacolata Concezione (1902) e la Messa da re­quiem a 4 voci e organo (con Dies irae a 8 voci e doppio coro) eseguita al Pantheon il 14 marzo 1907 da 118 cantori da lui diretti in commemorazione di re Umberto I, ottenendo per quella composizione il premio di una medaglia d’oro dal ministro dell’In­terno. Pio X accolse, pochi mesi dopo la sua elezio­ne al soglio pontificio, le proposte dei riformatori con l‘Inter pastoralis offìcii sollicitudinis (motu proprio del 22 nov. 1903). Frutto di questo rinno­vamento fu la Scuola superiore di musica sacra, dove nel 1910 il direttore, padre Angelo De Santi, lo chiamò nel corpo docente, appena formato con al­tre personalità di rilievo come Raffaele Casimiri, Licinio Refice, Eduardo Dagnino, per insegnare di­scipline fondamentali del corso di composizione (armonia principale, contrappunto e fuga); inoltre insegnò esercitazioni di polifonia e direzione cora­le. Dal 1911 ebbe la cattedra di armonia, contrap­punto e fuga al Liceo musicale di S. Cecilia. La sua attività didattica, che ebbe numerosi riconoscimen­ti ufficiali, fu rivolta a una lunga serie di allievi, sia italiani che stranieri; tra essi anche i laziali illustri Luigi Colacicchi e Ferruccio Vignanelli. Fecondo compositore, di grande fantasia unita ad ineccepi­bile preparazione tecnica, si dimostrò, pur rima­nendo legato alla grande tradizione classica italiana, molto attento alle correnti più avanzate della musi­ca contemporanea. Della sua cospicua produzione musicale (72 composizioni edite e 160 inedite), si ricordano cinque Messe per voci e organo, compo­ste tra il 1900 e il 1906, di cui l’ultima (Missa solemnis a 4 voci) fu eseguita nella Pasqua 1917 al duomo di Milano con pieno successo di critica; si segnalano inoltre alcune composizioni scritte in omaggio a grandi figure viterbesi: due inni per san­ta Rosa patrona di Viterbo (Coperta di ruvido saio e A s. Rosa da Viterbo), l’Inno eucaristico per il Pri­mo Congresso Interdiocesano del Lazio Superiore (maggio 1924), la Melodia popolare a Maria SS. Liberatrice (venerata nella chiesa della Trinità dove D. aveva suonato da ragazzo), l’Inno in onore del­la beata Lucia Filippini, il madrigale per soprano o tenore La medaglina tua, su testo del poeta e musi­cista viterbese Tito Schenardi, le romanze Melan­conia e Segreti dell’anima su testo dello storico di Viterbo Andrea Scriattoli. Al legame con Viterbo e alla sua precoce attività musicale può essere colle­gata anche la produzione in onore di s. Agostino; del resto, nel citato convento agostiniano della Tri­nità aveva un tempo dimorato il Cardinal Egidio da Viterbo, generale degli Agostiniani e protagonista della riforma cattolica nel Cinquecento. Morì a Roma dove si era trasferito alla fine dell’Ottocento pur mantenendo frequenti contatti con la sua città natale. Nella villa comunale di Pratogiardino la cittadinanza ha posto un busto di D. realizzato dallo scultore bulgaro As­sen Peikoff.

Bibl. – De Angelis 1922, p. 189; Aldo Bartocci in DBI, 40, pp. 336-338 (cui si rimanda per rif. alle fonti, alla bibl., e per l’elenco completo delle composizioni); Vismara 1986 (cui si rimanda per le testimonianze familiari e le composizioni scrit­te in ambito viterbese); DEUMM, II, p. 508; Cedido, Archivio del Capitolo della cattedrale di Viterbo, “Verbali delle adunanze capitolari (1893-1911)”.

[Scheda di Orietta Sartori – Ibimus; integrazione di Deborah Guerrini – Cersal]