Maria Colomba di S. Maria della Croce, t.o.d. (al secolo Maria Cristina Tondi) – Venerabile (Ba­gnaia, giu. 1696 – Viterbo, 26 nov. 1731).

Figlia di Antonio Tondi e di Caterina Moltoni, battezzata con il nome di Maria Cristina, in gioven­tù frequentò il santuario domenicano di S. Maria della Quercia di Viterbo. Le difficili condizioni eco­nomiche della famiglia le impedirono di entrare immediatamente nell’Ordine delle Domenicane. Nel 1719 entrò a far parte del Terz’Ordine di S. Dome­nico; nel 1729, per concessione unanime delle monache di San Domenico di Viterbo che rinunciarono alla dote che le candidate dovevano versare all’ingresso, fu accolta nel monastero, in cui effettuò la profes­sione di fede il 7 maggio 1730, cambiando il nome di battesimo.

La sua vita sino ad allora era stata, di fatto,  di stretta clausura nella casa dei suoi genitori da dove usciva solo per recarsi in chiesa per  pregare e per ricevere l’Eucarestia. Dopo l’ingresso in Monastero vi rimase senza avere contatti con l’esterno. Eppure la sua fama di santità si estese non solo tra le consorelle ma in tutto il territorio. Era fatta di perfetta obbedienza, di servizio agli altri, di penitenze che si infliggeva (dormiva stesa sopra una croce), di distacco dalle cose terrene, di preghiere profonde che la facevano cadere in estasi.

Molto devota a santa Caterina da Sie­na e a santa Rosa da Lima, stabilì nel convento una giornata mensile di adorazione dell’Eucaristia e si propose come modello di vita religiosa. Aveva il dono della profezia e molti che la invocarono ebbero da lei grazie e miracoli.

La sua cau­sa di beatificazione, avviata una prima volta nel 1743 a livello diocesano per ordine del vescovo Alessandro Degli Abbati, per raccogliere testimonianze sull’assenza di culto pubblico (secondo i decreti emanati da Urbano VIII nel 1625 e nel 1634 che avevano riformato la procedura relativa), ebbe come postulatore il domenicano padre Domenico Alberto Vitalini per conto del Monastero di S. Domenico. Il processo riprese nel 1766-1767 (essendo vescovo di Viterbo il cardinale Giacomo Oddi) sempre sull’assenza di culto pubblico.

Suor M.C. era stata sepolta sotto l’altare del coro della chiesa del monastero di S. Domenico e nessun segno esteriore dava a vedere l’avvio di un culto pubblico. Nel febbraio 1767 era avvenuto anche la ricognizione del luogo del sepolcro a causa del timore che l’umidità del luogo e l’acqua entrata in occasione di grandi piogge avesse rovinato la cassa e danneggiato anche il corpo. Era stata allora decisa la riesumazione del corpo, la sistemazione dei resti in una nuova cassa e questa deposta in un nuovo sepolcro insieme a tutti i reperti che erano stati rinvenuti nella cella della M.C. Sull’assenza di culto pubblico vengono ascoltati i primi testimoni nel corso di quegli anni. Questa fase si concluse nel 1788 con la pubblicazione della Positio super non cultu (Romae 1788, Ex Typographia Rev. Camerae Apostolicae) dopo di che si poteva passare all’esame dei testimoni sulla fama della santità,  sulla devozione del popolo, sulla sua vita santa, sulla purezza della fede, sulle virtù e sui miracoli.

Ma il processo si interruppe per riprendere solamente nella seconda metà dell’Ottocento (1856-1872) quando furono raccolte nuove testimonianze nella Diocesi di Viterbo che riguardano la fama di santità e le grazie ricevute per sua intercessione. Poi nuovamente la causa si fermò probabilmente quando si doveva passare all’esame degli scritti (si parla di lettere scritte a suo padre e al suo direttore spirituale).

BIBL. e FONTI – Archivio dell’antica diocesi di Viterbo, Serie “Processi di beatificazione e canonizzazione”, Fld. Suor Maria Colomba di S. Maria della Croce;  Novaro 1909a, pp. 94-99, 157-160; Novaro 1909b; Carones 1983; MOFPH, XIV, pp. 171-172; Luigi Abele Redigonda in Bibliotheca Sanctorum, VIII, col. 1048; Guida TCI Lazio 2005, p. 452.

[Scheda di Barbara Scanziani – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]