Panico, Antonio Maria – Pittore (Bologna [?] ca. 1560 – ante, 1621).

Di lui si hanno scarse notizie se non che fu «allievo et amato molto d’Annibal Carracci» e di probabili origini emiliane. Fu al servizio di Ferrante Farnese; in data imprecisata, ma prima del 1596, il pittore dovette spostarsi forse al seguito di Mario Farnese, ma più probabilmente dello stesso Ferrante (Bertini 1995), nei feudi appartenuti alla famiglia nell’Alto Lazio. Proprio qui è possibile rintracciare il corpus più sostanzioso di opere a lui riconducibili.

Nella chiesa del SS. Salvatore a Farnese gli vengono assegnati: dieci scene di storia sacra che circondano l’altare del Rosario (1596), il Miracolo dell’ostia (ca. 1603), un San Giovanni Battista (affresco) e le Tentazioni di sant’Antonio. Storie della Vergine sono invece affrescate nella chiesa di S. Anna, o S. Maria della Ca­varella, presso Farnese; i Misteri del Rosario sulle pareti della chiesa di S. Rocco ad Ischia di Castro; una cappella gentilizia nella chiesa della Madonna del Piano a Barbarano; un San Sebastiano nella chiesa della Madonna della Cava a Latera. Il Bellori ricorda pure un Sant ’Eustachio e un San Giacomo nella chiesa di S. Giacomo nell’Isola Bisentina, edificio da cui proviene anche la Crocifissione con i santi Francesco e Antonio ora a Dublino (National Gallery of Ireland), che alcuni riconducono alla sua mano, altri a Innocenzo Tacconi.

Intorno al 1600 P. fu chiamato a Roma da Ottaviano Mascherino in occasione della risistemazione di palazzo Petrignani, poi Monte di Pietà, dove il pittore, a detta di Mancini, avrebbe eseguito degli affreschi. In que­st’occasione P. dovette stringere i rapporti con Annibale Carracci, con cui Brogi ipotizza numerose occasioni di collaborazione. Da Roma il Malvasia ricorda «molte tavole le quali andarono fuori di Roma negli Stati di quell’Altezza Serenissima [Farnese]». A Rieti, in S. Scolastica, gli è attribuito un dipinto raffigurante Sant’Andrea e gli arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele. Morì in data impre­cisata compresa tra il 1609 e il 1621, anno di pub­blicazione delle vite del Mancini che lo include tra gli artisti deceduti.

BIBL. – Bellori 1672, pp. 92-93; Malvasia 1841, I, pp. 308, 406; Mancini 1956-57, pp. 215-216; Brogi 1988; Barroero – Saraca Colonnelli 1991, pp. 52-54; Bertini 1995; Ricci 1998.

[Scheda di Paola Caretta – Asnl]