Pucitta Giovanni Domenico – Ecclesiastico, letterato (Viterbo, 1642 – post 1670)
Figlio del notaio e patrizio viterbese Lodovico e di Giulia Volpati, fu battezzato il 21 nov. 1642. Si indirizzò alla carriera ecclesiastica e fu ordinato prete nel 1666, divenendo poi canonico della cattedrale. Come il padre, ebbe amore per le lettere, in particolare per i componimenti teatrali, così in voga in quel secolo; già un suo parente, Baldassarre, aveva nel 1632 avuto in dedica la commedia pastorale Le ninfe crudeli dal pittore Giacomo Cordelli. Così nel 1670 P. scrisse La Rosa Ciminia, che con il sottotitolo di «dramma tragicomico» fu pubblicata (Viterbo, per il Martinelli, 1670) con dedica al marchese Andrea Maidalchini e rappresentata per la festa patronale di santa Rosa (4 settembre). La medesima santa è protagonista del breve dramma (tre atti in versi), dove agiscono altri cinque personaggi reali e compaiono figure ideali, nonché 1’«Ombra di Federico imperatore». L’azione è in Viterbo, nel sec. XIII.
Nonostante il soggetto agiografico, si tratta di un vero e proprio melodramma, con recitativi e arie, il primo scritto a Viterbo e per Viterbo, dove la voga dell’opera in musica, ormai imperante in Italia, si era imposta nel 1668 con la rappresentazione dell’Argia di Antonio Cesti, già acclamata sulle scene austriache e italiane e ancora replicata a Viterbo nel carnevale 1670. Dunque il lavoro di P., primo «librettista» viterbese, conferma la nuova passione dei suoi concittadini per il melodramma, voluto per la maggiore festa cittadina, e anticipa di pochi mesi l’inaugurazione di un apposito teatro d’opera, avvenuta nel carnevale 1671.
Della Rosa Ciminia non è noto il compositore della musica; poiché si trattava di un testo originale, da rappresentare per la festa patronale, il musicista doveva essere presente in città, per cui il nome più probabile è quello di Angelo Berardi, all’epoca Maestro di cappella della cattedrale, e quindi in stretto contatto con Pucitta.
BIBL. – Franchi 1988, pp. 427-428; Carosi 1990, p. 171 ; Angeli 2003, pp. 432, 829.