Vacchini Francesca Caterina – Ser­va di Dio (Viterbo 26 ott. 1589 – ivi 9 ott. 1609).

Figlia di Cristoforo, nativo di Ascona, di mestiere orefice, e della viterbese Giustiniana Carcere, che aveva avuto altri figli da due precedenti matrimoni, la sua famiglia di origine aveva un rapporto privi­legiato con l’Ordine francescano, come attesta an­che l’ubicazione della tomba nella chiesa france­scana di Viterbo. Subito dopo la nascita la V. ebbe una grave malattia; rimasta orfana di padre a 14 anni, si trasferì presso uno zio, di nome Ottaviano. Molto religiosa, spiritualmente istruita dalla terzia­ria domenicana Lavinia Siciliano, era solita riunir­si in preghiera con alcune amiche.

Nel 1605 fu pro­motrice della “Divota Comunella”, un’associazione spontanea che aveva come scopo precipuo la pre­ghiera, la pratica della penitenza e del digiuno. De­dita a rigide pratiche penitenziali, le furono attri­buite virtù profetiche e doti taumaturgiche anche dopo la morte, avvenuta il 9 ott. 1609. Fu sepolta nella cappella di S. Caterina da Siena nel convento domenicano di S. Maria in Gradi a Viterbo. Al fu­nerale ci fu una folta partecipazione. Immediata­mente si riunirono le testimonianze per l’apertura di un processo di beatificazione, che ebbe tra i suoi sostenitori il cardinal nipote Scipione Borghese Caffarelli e la duchessa Eleonora Orsini Sforza, cu­gina della regina di Francia.

Nel frattempo, era di­venuto vescovo della diocesi di  Tricarico il suo confessore e primo biografo, padre Roberto Rober­ti Vittori, dell’Ordine dei Predicatori, che prece­dentemente aveva ricoperto la carica di priore di S. Maria in Gradi. Il vescovo viterbese monsignor Lanfranco Margotti, però, si mostrò prudente nei confronti della V. e vietò il culto, non essendo an­cora pervenuta l’autorizzazione della Congrega­zione dei riti; il medesimo atteggiamento fu tenu­to dal suo successore,  Tiberio Muti, no­bile romano, figlio del conte di Vallemuria e pa­rente del papa Paolo V. Il culto della V., intanto, si diffuse a Viterbo, Tricarico, Roma, nel Regno di Napoli e soprattutto tra le Terziarie domenicane. Tra di esse si segnalava Francesca Paluzzi di Morlupo, sorella di Alessio, vicario di monsignor Ro­berti Vittori a Tricarico.

Il processo di beatificazio­ne iniziò nel 1612 con l’appoggio delle autorità co­munali; nel 1613 l’Inquisizione intervenne sul caso e il 3 luglio 1614 si espresse con parere negativo nei confronti della V. e della Congregazione della Comunella. Il processo rimase sospeso per lungo tempo. Nel 1713 riprese, promosso da padre Ripoll, generale  dei Domenicani, ma non si ri­scontrarono elementi sufficienti per la beatificazio­ne. Il caso della V. è un chiaro esempio di una vi­cenda sospesa tra un’istanza di canonizzazione e il tentativo di repressione da parte delle autorità del­l’Inquisizione.

Bibl. – Roberti 1613; Martini 1722; Signorelli, III/l, pp. 4, 150;HC, IV, p. 343; Antonazzi 1980a,p. 151;Carosi 1990, p. 329; Santi e culti 2000, p. 184; Gotor 2002, pp. 255-284; Bruno Barbini in Bibliotheca Sanctorum, Appendice I, col. 1407.

[Scheda di Barbara Scanzani – Ibimus]