Altieri – Famiglia (secc. XV-XX)

Famiglia romana (anticamente detta dei Peraluzzi e Corraducci) appartenente alla nobiltà di non alto grado, che come molte altre nel Medioevo fondò la sua ricchezza sulla proprietà fondiaria e sul possesso di greggi; tra i suoi primi membri noti si distinsero nei secc. XV-XVI Angelo (v.), vescovo di Nepi e Sutri, e Marcantonio, figlio di Girolamo e di Nicola Capodiferro, umanista appartenente alla scuola di Pomponio Leto e castellano della rocca di Viterbo dal 6 luglio 1482 al 1484. Tra gli artefici della pax romana, in occasione della quale proprio a lui toccò pronunciare il discorso della pacificazione, ebbe parte attiva nella Società dei Raccomandati del Salvatore, di cui divenne guardiano nel 1525; imprigionato durante il Sacco di Roma del 1527 pur essendo tra gli ambasciatori che volevano evitare il sacco della città, per la sua liberazione il figlio dovette pagare un riscatto di 300 ducati. Tra le sue opere di carattere sociopolitico si ricordano Li nuptiali (Roma, Tip. romana di C. Bartoli, 1873; rist. anast. a cura di E. Narducci, M. Miglio e A. Modigliani, Roma, Roma nel Rinascimento, 1995), i Baccanali (Roma, Ass. Roma nel Rinascimento, 2000) e la novella L’amorosa (Roma, R. Società Romana di Storia Patria, 1909); altre due novelle sono andate smarrite.

Nel sec. XVII spiccano due alti ecclesiastici, i fratelli Giovanni Battista (1589-1654), creato cardinale nel 1643, ed Emilio Bonaventura (1590-1676), che divenne papa il 29 apr. 1670 con il nome di Clemente X (1670) e, per evitare l’estinzione della famiglia priva di eredi maschi, estese l’adozione della famiglia Albertoni, già compiuta attraverso la persona di Gasparo marchese di Rasina cui aveva dato in moglie nel 1669 la nipote Laura, anche al padre di questi, Angelo, e allo zio Paluzzo (1623-1698, v.), vescovo di Montefiascone e Corneto (oggi Tarquinia) dal 1666 e nello stesso anno nominato Cardinal nepote da Clemente X, quindi amministratore delle diocesi di Sabina (1689), Palestrina (1691), Porto e Santa Rufina (1698).

Acquisendo i benefici di Clemente X, nel 1672 gli A. divennero principi di Oriolo e Viano (oggi Veiano) e duchi di Monterano, feudi che il pontefice nel 1671 aveva acquistato con lo ius rendimenti dalla famiglia Orsini. Gli A. intrapresero sul territorio una vasta opera di fondazione e di ristrutturazione. A Oriolo, che la famiglia Santacroce  aveva acquisito nel 1493 dagli Orsini, viene costruito il palazzo baronale e il borgo (1562-1585). Le famiglie che vennero a popolare il borgo erano provenienti dalle regioni del Centro Italia, in prevalenza dall’Umbria: furono dapprima boscaioli e taglialegna e poi contadini che furono legati al feudatario da un contratto abbastanza favorevole per i tempi. Il borgo fu realizzato secondo un progetto di Giorgio Santacroce ed era imperniato lungo tre strade parallele che andavano lungo l’asse nord-sud. Il palazzo era stato fatto costruire tra il 1578 e il 1585 secondo i canoni manieristici rinascimentali. Ai Santacroce subentrarono prima nuovamente gli Orsini che nel 1671 vendettero agli A. sia Oriolo che Monterano, Montevirginio e Veiano. Il Palazzo di Oriolo è rimasto di proprietà della famiglia A. fino al 1971; fu da essa ampliato dopo il 1674 con tutta probabilità su progetto di Carlo Fontana, con modifiche sostanziali nell’assetto della pianta: oggi  è sede del museo statale.

A Monterano Gasparo Altieri commissionò la progettazione del convento di S. Bonaventura (realizzato da Mattia de Rossi tra il 1677 e il 1679) e il rifacimento della facciata del palazzo baronale di Oriolo, la quale venne arricchita da un portico che richiamava la struttura del vicino acquedotto romano e dalla superba Fontana del Leone, realizzata sfruttando lo sperone di roccia su cui sorgeva il palazzo e sulla cui sommità fu collocato un leone (richiamo all’araldica degli Albertoni) di pietra nell’atto di scuotere il suolo per far sgorgare l’acqua: tali opere sono con tutta probabilità da attribuirsi al Bernini. Per volontà di Paluzzo l’ala orientale dell’edificio venne adibita a pinacoteca e accolse i ritratti di pontefici e di membri illustri della casata appartenenti alla collezione di Clemente X e da lui donati; è denominata “Galleria dei Papi”, rappresenta la più completa e meglio conservata delle serie di ritratti di pontefici a oggi esistenti.

Tra i possedimenti della famiglia vi era anche l’insediamento rurale di Montevirginio, che fu posto in comunicazione con Oriolo attraverso la costruzione di una strada fiancheggiata da olmi la quale, dipartendosi da palazzo A., giungeva fino all’eremo dei Carmelitani Scalzi sul Monte Calvario. Le fortune degli A. decrebbero vistosamente con la grave crisi socioeconomica che portò allo spopola­mento dell’area rurale di Monterano, afflitta da un clima particolarmente insalubre, e con la successiva distruzione dell’insediamento a opera delle truppe francesi (1799). Dagli inizi dell’Ottocento la famiglia iniziò a gestire, attraverso l’attività di un certo signor Celani, la produzione dello zolfo proveniente dalle miniere di Canale Monterano (dove si era trasferita la popolazione superstite di Monterano), attività che conobbe un picco massimo alla metà del secolo ma che già al termine dello stesso aveva subito una drastica riduzione.

Il feudo di Oriolo rimase di proprietà della famiglia fino al 1922, quando venne definitivamente smembrato in ottemperanza alla legge che facilitava l’affrancamento degli usi civici. La famiglia era proprietaria anche di una villa ubicata ad Albano, fatta costruire agli inizi del sec. XVIII dal cardinale Lorenzo (1671-1741) su un antico casale e oggi adibita ad albergo. Degli alti ecclesiastici designati al territorio laziale occorre ancora citare Ludovico (v.), cardinale di Albano, deceduto l’11 ago. 1867 in concetto di santità a seguito di una pestilenza.

Arme: d’azzurro a sei stelle d’argento a otto punte disposte 3, 2, 1; bordura dentata d’azzurro e d’argento.

BIBL. – Crollalanza, p. 35; Amayden, I, pp. 41-45; Gams, p. XXIII; Spreti, I, p. 365; Emilio Re in Enc. Italiana, II, pp. 703­704; Alberto Asor Rosa, Altieri, Marco Antonio, in DBI, 2, pp. 560-561; Aldo Stella, Altieri Paluzzo, in DBI, 2, pp. 561-564;  Luciano Osbat, Clemente X, in DBI, 24, pp. 293-302; Epp 1999, pp. 77-88; Palazzo Altieri. Oriolo Romano, a cura di Rosa Gemma Cipollone, Roma, Gangemi Editore, s.d.; Oriolo Romano. La fondazione, lo statuto, gli abitanti e le case nel Catasto Gregoriano (1820), a cura di E. Guidoni e G. Lepri, Vetralla 2004.

[Scheda di Marina Bucchi – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal)]