Bisleti Camillo – Vescovo (Veroli, 11 ago. 1814 – Tarquinia, 28 giu. 1868)
Di nobile famiglia decorata del titolo marchionale, dopo avere frequentato le scuole della città natale fu mandato a Roma per proseguire gli studi, laureandosi in utroque iure alla Sapienza il 7 luglio 1840. Venne ordinato sacerdote l’11 marzo 1837 e subito dopo gli fu conferita la dignità di arcidiacono della cattedrale di S. Andrea a Veroli. Successivamente ricoprì anche le cariche di vicario generale e di vicario capitolare. Nel 1847 Pio IX lo nominò vescovo di Ripatransone e il cardinal Orioli lo consacrò a Roma il 10 ottobre dello stesso anno.
Dopo sette anni di governo pastorale «paterno e pacifico», il 23 giugno 1854 B. fu traslato alla nuova diocesi di Tarquinia (che era stata staccata in quell’anno da Montefiascone) e Civitavecchia (già unita alla Diocesi di Porto e S. Rufina nel 1825 e da questa disgiunta nel 1854). Egli dunque fu chiamato a fondere in un’unica chiesa due realtà locali molto differenti tra loro per tradizioni e costumanze sociali, ma anche a stemperare l’animosità di una parte dei primari cittadini di entrambe le città (Tarquinia e Civitavecchia) che negli ultimi decenni aveva assunto forme e toni piuttosto accesi. Come già a Ripatransone, molto si adoperò a favore dei più bisognosi, in particolare degli orfani, delle vedove e degli infermi.
Indisse e condusse diverse visite pastorali: una prima subito dopo il suo ingresso, la seconda nel 1860, la terza nel 1866. Nella “Relazione ad limina” del 1856 il B. fa una accurata descrizione delle due Città e della Diocesi e sottolinea la scarsa presenza di clero secolare (soprattutto a Civitavecchia) e la mancanza di monasteri femminili, la difficile coabitazione con le numerose truppe francesi di stanza in città e con l’”Ergastolo” destinato ad accogliere i condannati alle galere. Nello stesso 1856 si avvia la costruzione della ferrovia Roma-Civitavecchia che verrà inaugurata nel 1859. Dopo l’Unità d’Italia Civitavecchia si trova ad essere l’unico porto di collegamento tra lo Stato pontificio e il resto del mondo e quindi crescono le sue attività commerciali e burocratiche. Cresce la popolazione che però, durante il governo del B. è ancora per un quarto composta da ergastolani e da militari. Tra le altre opere promosse dal B. sono ricordate: il restauro della cattedrale e l’erezione del seminario a Corneto; l’apertura di nuove scuole a Civitavecchia insieme ad altri provvedimenti in favore di «desolate more schiave, vergogna della moderna civiltà».
Mentre trascorreva un breve periodo di riposo nella città natale, gli giunse notizia di una gravissima epidemia che a Tarquinia mieteva numerose vittime. Senza indugio fece ritorno in sede per sovvenire alle sofferenze e alle necessità dei poveri e degli infermi. Fu in tale drammatica circostanza che, contratto il morbo asiatico (colera), morì all’età di 54 anni (mentre secondo altre fonti sarebbe morto per aver mangiato un gelato avvelenato non destinato a lui ma al comandante delle truppe francesi presenti in Città).
BIBL. – HC, v, pp. 227, 483; Aidanesi 1868, p. 76; Caperna 1878, p. 14; Stirpe 2001, pp. 307-309; I. Benignetti, Storia della Chiesa in Civitavecchia, Civitavecchia 1979, pp. 97-102.
[Scheda di Marcello Stirpe – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]