Fani Mario – Attivista cattolico (Viterbo, 23 ott. 1845 – Livorno, 4 ott. 1869).
Primogenito del conte Vincenzo e di Elmira Misciatelli: il padre e il nonno Tommaso possono essere considerati tipici rappresentanti del ceto dei funzionari pontifici di provincia, fedeli al Papa ma nello stesso tempo aperti ai cambiamenti in corso nel paese: una madrina del battesimo di M. era una Savoia.
Aveva studiato a Roma nel convento dei Benedettini di S. Paolo fuori le Mura: la sua carriera scolastica non fu brillante; quegli anni però servirono per acquisire una fede profonda accompagnata da un’ansia di operare in favore della Chiesa e del Papa.
M. avrebbe voluto arruolarsi negli zuavi pontifici, ma il padre, preoccupato per la sua salute cagionevole, lo aveva distolto dal proposito. A Viterbo terminò gli studi nel ginnasio diretto dai Gesuiti; intanto aveva cominciato a pensare a qualche forma di «carità verso i giovani, che dalle audacie della rivoluzione si trovano impediti persino di mostrarsi cristiani, oppure vengono illusi da essa, addormentati e così poi tratti a perdizione». I suoi progetti poterono concretizzarsi nel corso di un soggiorno a Bologna presso una zia, nella primavera del 1867. Frequentando casa Malvezzi Campeggi strinse amicizia con i fratelli Alfonso e Francesco, con il gesuita Luigi Pincelli loro istitutore, e con Alfonso Rubbiani.
Il 23 giugno di quell’anno si incontrò con Giovanni Acquaderni che era già attivo nel mondo cattolico italiano (con G.B. Casoni aveva fondato il giornate “L’Ancora” su posizioni di chiaro intransigentismo) ed era un valido organizzatore. Vi fu un vivace scambio epistolare con gli amici bolognesi per fissare il programma della Società della gioventù cattolica italiana, la cui costituzione venne perfezionata nella seconda metà dello stesso anno, quando il F. aveva fatto ritorno a Viterbo. La Società si costituì a Roma nel 1868 dopo l’appello che Giovanni Acquademi e Mario Fani avevano lanciato a tutti i giovani italiani perché accorressero «a costituire una associazione di giovani che imperterriti, franchi negli atti e nelle parole, si gloriassero di portar alto ed intemerato il glorioso vessillo della Religione servendosi di tutte le armi che dalla fede e dalla legge sono loro concesse». Le idee di M. sulla Società erano in parte discordanti da quelle degli amici bolognesi: egli la voleva italiana, essenzialmente dedita alla formazione religiosa e culturale, rivolta ai giovani, lontana da ogni pretesa legittimistica pur se devota alla persona del Papa e partecipe delle sofferenze della Chiesa in Italia in quegli anni.
Il primo circolo della nuova organizzazione fu quello intitolato a Santa Rosa, sorto a Viterbo proprio per l’azione di Mario Fani che ne fu il presidente: fu il primo circolo ad essere aggregato alla Società della Gioventù Cattolica Italiana. Si caratterizzò per la sua partecipazione alla vita religiosa, per la diffusione della “buona stampa”, per la raccolta dell’”Obolo di San Pietro”, per la pubblicazione di un annuario intitolato “La Rosa”, per l’azione formativa e culturale che si espresse nella costituzione di una biblioteca circolante e nella creazione di scuole serali per i giovani. Vi fecero parte oltre ai vescovi del tempo, mons. Gonella e poi mons. Serafini, anche alcuni tra i più importanti esponenti del mondo cattolico viterbese.
F. morì a 24 anni per una broncopolmonite mentre era in villeggiatura a Livorno. Il suo corpo fu successivamente trasferito a Viterbo e sepolto nella basilica che tanto aveva contato nella sua vita religiosa, la basilica-santuario di Santa Rosa. A succedere a Mario alla presidenza del Circolo Santa Rosa, dopo la sua morte, fu chiamato il fratello Fabio. Sulla sua morte presto circolò la leggenda che fosse avvenuta a seguito di malattia contratta nel tentativo di salvare un uomo che stava per annegare nel mare di Livorno ma non si sono trovati documenti che lo confermino.
BIBL. – Gianfranco Maggi in DBI, 44, pp. 587-589; Osbat 2003, p. 31