Farnese, Girolamo  – Cardinale (Latera, 30 sett. 1599 – Roma, 18 febbr. 1668).

Nacque da Mario, duca di Latera ( 1547-1619), e da Camilla Meli Lupi di Soragna (1563-1611). Il padre apparteneva alla linea dei Farnese di Latera, signori di Farnese e di Giove, e fu valoroso militare al seguito del parente Alessandro Farnese, generale di Filippo II nelle Fiandre, e poi al servizio di papa Clemente VIII, di­venendo capitano generale delle armi ecclesiasti­che (1603). Tra i suoi figli, gli successe come duca di Latera Pier Francesco (m. 1662). Un altro figlio, Diofebo, educato e favorito dal cardinal Odoardo Farnese, sembrava avviato a diventare cardinale, ma morì ancora giovane nel 1621. L’ultimo ma­schio, Girolamo, fu anch’egli avviato alla carriera ecclesiastica. Dal 1611 fu al seguito del cardinal Odoardo, che lo inviò alla corte farnesiana di Par­ma; in quella città studiò nel Collegio dei Nobili e poi all’università, dove si laureò in utroque iure ( 19 nov. 1617). Tornato a Roma, fu cameriere d’onore di Paolo V e intraprese la carriera prelatizia in Cu­ria; sotto Gregorio XV fu referendario del Tribuna­le della Segnatura e ottenne la commenda dell’ab­bazia di S. Lorenzo di Novara. Nel 1635 Urbano VIII lo inviò nunzio in Francia, per recare a Luigi XIII le fasce benedette per il Delfino.

Dopo essere stato nominato arcivescovo titolare di Patrasso in partibus (11 apr. 1639), fu inviato nunzio agli Sviz­zeri (1639-1643); giunto a Lucerna il 28 giugno 1639, agì alacremente per controllare la situazione, resa delicata dall’infuriare della guerra dei Trent’anni nella vicina Germania, e per salvaguardare gli interessi delle comunità cattoliche. La difesa delle esigenze religiose della S. Sede, da lui tena­cemente perseguita, non sempre coincideva con le manovre politiche degli spagnoli e degli imperiali; ne nacquero difficoltà e tensioni. La lealtà di Giro­lamo verso Roma fu tale da giungere a uno scontro con i Farnese di Parma, nel frattempo entrati in aperto contrasto con Urbano VIII. Al ritorno a Roma (6 feb. 1644) divenne segretario della Congrega­zione dei Vescovi e Regolari, ufficio mantenuto per un decennio. Da Innocenzo X ebbe un canonicato in S. Pietro (28 agè. 1650) e fu nominato governato­re di Roma (9 ott. 1650), incarico nel quale mostrò serietà, onestà e vigore, reprimendo i criminali e la corruzione degli ufficiali inferiori e ottenendo il fa­vore del popolo («la salute del popolo romano», Moroni).

Tra i provvedimenti di maggior valore va ricordato il pieno appoggio da lui dato alle Maestre Pie, che chiamò a Roma facendo loro aprire scuo­le in tutti i rioni della città. Malgrado tale buon go­verno, essendo caduto in disgrazia presso Innocen­zo nel corso dello scandalo legato al nome di Fran­cesco Mascambruni, diede volontariamente le di­missioni (29 gen. 1653). Ma di lì a poco il nuovo pontefice Alessandro VII lo richiamò in Curia, no­minandolo maggiordomo del Sacro Palazzo (16 lu­glio 1655), incaricandolo di ricevere a Roma Cri­stina di Svezia (dic. 1655) e dopo meno di tre anni dandogli la porpora cardinalizia (29 apr. 1658), con il titolo di S. Agnese extra moenia (6 maggio 1658). Il papa l’aveva già designato nel concistoro del 9 apr. 1657, ma riservandosene il nome in pectore.

Pochi mesi dopo, insieme al fratello Pier France­sco, scorporò Farnese dal ducato di Latera e la ven­dette al cardinal Flavio Chigi, nipote del papa, al prezzo di 275.000 scudi. Poco dopo fu inviato in Emilia come legato di Bologna (6 maggio 1658 – apr. 1662), dignità cui corrispondeva una ricca en­trata; ivi operò con prudenza, servendosi dei vice­legati Marino Zorzi e Carlo Bichi durante alcuni periodi di ritorno a Roma. A Bologna mantenne un tono di vita principesco; fece abbellire il palazzo legatizio, la cui sala del Consiglio fu affrescata da Carlo Cignani ed Emilio Taruffi (1659-1660). Es­sendosi rovinata la porta cittadina verso mezzo­giorno (Porta di Galliera), la fece ricostruire dall’architetto Bartolomeo Provaglia (1661); fece inol­tre lastricare la Strada Maggiore e costruire la via suburbana fino a S. Paolo in Monte. Nella gestione dell’economia della provincia fu molto oculato nel­la difesa delle capacità produttive agricole e indu­striali, in particolare nel settore alimentare, dove esaltò «l’isquisita perfettione» dei salumi bologne­si, combatté le sofisticazioni e i prodotti stranieri; nel governo della città, richiamò i senatori a un maggiore impegno e aumentò i controlli sulle fro­di fiscali. Gli esiti della sua azione furono positivi, soprattutto sul fronte dell’economia; al termine del­la sua legazione, lasciò dunque a Bologna un’otti­ma memoria di sé.

A Roma raccolse l’eredità del fratello Pier Francesco, morto il 12 ott. 1662; fu così, nonostante la porpora cardinalizia, l’ultimo duca di Latera. La sua giurisdizione sul piccolo feu­do, pur durata poco più di cinque anni, fu positiva, con saggi provvedimenti sui pascoli comunitativi (Annibali). In Curia fece le veci del cardinal Fla­vio Chigi come prefetto del Tribunale della Segna­tura. Nel conclave del 1667 fu tra i papabili. Morì nel proprio palazzo romano in parrocchia di S. Ma­ria in Via; dopo solenni funerali, fu sepolto al Gesù. Per testamento aveva disposto il lascito di un ricco fondo per trasformare la chiesa di S. Clemente a Latera in collegiata con capitolo di canonici; la co­munità di Latera deliberò allora di celebrargli una cerimonia funebre di commemorazione (marzo 1669), ma il disposto testamentario rimase vano, giacché l’erede usufruttuario del cardinale, monsignor Mario Albrizi, trovò pretesti per impedirne l’effettuazione.

Con Girolamo si estinsero i Farne­se di Latera. Restano di lui un ritratto dipinto da Teodor van Inerle (oggi nel museo di San Franci­sco) ed uno inciso da Giuseppe Testana su disegno di Jean Marie Morand. Va infine ricordata la sua importante presenza nell’Arciconfratenita del SS. Crocifisso, dove fu a lungo guardiano, favorendo l’attività musicale, portata a cinque oratori latini nella quaresima dell’anno santo 1650; in tale atti­vità protesse il famoso compositore Giacomo Ca­rissimi. Sostenne l’attività musicale anche a Bolo­gna, offrendo occasioni di concerti e spettacoli al compositore Maurizio Cazzati e tenendo al proprio servizio come coppiere il poeta per musica France­sco Salvadori.

BIBL. – Mandosio 1682-92, II, pp. 228-229; Cardella, VII, pp. 131-135; Annibali 1817-18, I, pp. 102-111; Litta, Farnese, tav. IX; Moroni, XXIII, pp. 214-215, XLI, p. 267; HC, IV, pp. 33, 276; DHGE, XVI, coll. 618-619; Nasalli Rocca 1969; Del Re 1972, pp. 104-105; Stefano Andretta in DBI, 45, pp. 95-98 (con rif. alle fonti d’archivio e alla bibl. sull’azione politica di F., cui si rinvia); Weber 1994, pp. 156, 360, 659; Miranda 2008, ad nomen.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]