Fedi Pio – Scultore (Viterbo, 31 mag. 1816 – secondo altra fonte il 6 giugno 1815, – Firenze, 1° giu. 1892).

Nacque da Leopoldo, possidente, e da Camilla Franchini e abitava in Via della Trinità, nella parrocchia di S. Faustino. Lasciò Viterbo in tenera età con la famiglia per trasferirsi ad Arez­zo, quindi a Firenze e a Parigi. Di ritorno in To­scana, studiò dapprima da orafo, quindi si dedicò all’incisione con Raffaello Morghen e Giovita Garavaglia, perfezionandosi in tal senso alla scuola dell’Accademia imperiale di Vienna tra il 1838 e il 1840.

Dal 1842 fu nuovamente in Italia, ove studiò scultura a Firenze con Lorenzo Bartolini e poi a Roma con Pietro Tenerani. La sua produzione ar­tistica fu fiorente e molto apprezzata dai contem­poranei. Numerose ed importanti opere gli furono commissionate dal Granduca di Toscana Leopoldo II, nelle quali egli si mostra «attento al gusto puri­sta e al naturalismo» (Mencarelli): tra di esse si ri­cordano le statue di Niccolò Pisano (1849) e di An­drea Cesalpino (1854), ed il gruppo scultoreo di Pia de’ Tolomei e Nello della Pietra. Il gruppo marmoreo raffigurante Il ratto dì Polissena (1860­-1865), attualmente nella Loggia dei Lanzi a Firen­ze, viene comunemente considerato la sua opera maggiore.

Nel 1876 eseguì il restauro della fonta­na di piazza Vittorio Emanuele (oggi piazza delle Erbe) a Viterbo, realizzando i quattro nuovi gran­di leoni marmorei in luogo delle originarie figure di peperino grigio; ancora nella città d’origine, presso la Biblioteca degli Ardenti, si conserva un’immagine del bozzetto del monumento ai ca­duti viterbesi del Risorgimento, inaugurato «in effigie» nel 1876 da Giuseppe Garibaldi e mai rea­lizzato. Nel 1873 fu nominato accademico di me­rito di S. Luca.

Pochi anni dopo la morte  del F. in un elogio che, nel 1894,  A. Scriattoli faceva di Costantino Zei si legge che quest’ultimo – allora giovane scultore  viterbese – si stava apprestando a realizzare un medaglione “su cui fisserà le sembianze di Pio Fedi, l’illustre scultore viterbese, troppo presto sparito e troppo presto, fra noi, dimenticato”. Più che dimenticato il F. si era trovato in contrasto con gli amministratori viterbesi tanto che la realizzazione del suo lavoro alla fontana di Piazza delle Erbe ebbe un seguito affidato ad uno studio legale fiorentino e lo Zei si espresse con grande violenza a proposito della scarsa considerazione che la cultura viterbese del tempo aveva avuto nei confronti del F.

Viterbo gli ha intitolato una via e una scuola solo in anni recenti.

BIBL. – «Gazzetta di Viterbo», 6 maggio 1876; Scriattoli 1915-20, pp. 275, 312; Freddi Cavalletti 1934; Giovanna Mencarelli in DBI, 45, pp. 803-805; Galeotti 2002, pp. 204, 261,424, 434-435, 476, 567.

[Scheda di Raffaella Catini – Ansl; integrazione di Luciano Osbat-Cersal]