Gregorini, Domenico – Architetto (Roma, 21 ago. 1692 – ivi, 7 feb. 1777).

Figlio di Ludovico e di Antonia Ficcadenti, compì la sua prima formazione presso lo studio paterno. Vinse il primo premio della seconda classe del Concorso clementino; il suo primo incarico di rilievo (1713) fu di sottomaestro delle strade nei rioni Ponte e Regola. Nel 1722 fu ammesso nell’accademia dei Virtuosi al Pantheon, di cui sarà nominato reggente negli anni 1728, 1760 e 1769. Alla morte del padre, nel 1723, ne ereditò gli incarichi pubblici e rilevò alcuni cantieri, concludendoli: fra questi il palazzo Sforza Cesarini di Genzano ed il palazzo Santacroce a Roma (1725). Si avvalse pressoché costantemente della collaborazione del messinese Pietro Passalacqua, con il quale svolse un’intensa attività. Qui si ricordano le sole opere realizzate nel Lazio.

Fra le prime prove gli è attribuito l’ampliamento del palazzo episcopale di Magliano Sabina per committenza del cardinale Ottoboni vescovo di Sabina (1726). Nel 1731 realizzò la chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa (scomparsa ed oggi sostituita da un edificio più tardo), mentre fra il 1735 ed il 1736, insieme a Passalacqua, portò a compimento i lavori nel palazzo episcopale di Porto, già iniziati dal Rusconi Sassi. Di nuovo per il cardinal Ottoboni, del quale era divenuto architetto di fiducia, sistemò diversi edifici nel feudo di Fiano (1736), i palazzi vescovili di Albano e Velletri (1738-1739), l’episcopato e la chiesa di S. Aurea ad Ostia (1739-1740) e realizzò la villa urbana presso San Cosimato (1739). Nel 1748 gli fu affidata la progettazione del monumento sepolcrale del principe Antonio Boncompagni Ludovisi, inviato da Roma alla chiesa di S. Maria delle Forme ad Isola del Liri, oggi non visibile.

La sua attività nel Lazio fu strettamente legata a quella di un altro suo principale committente, il cardinale Pompeo Aldrovandi, vescovo della diocesi di Montefiascone fra il 1734 ed il 1752. In quegli anni l’architetto intervenne, infatti, in due delle principali chiese della cittadina laziale ed in altri luoghi deputati al potere vescovile: la cattedrale dedicata a S. Margherita, la chiesa di S. Flaviano, il palazzo episcopale. Nel duomo l’intervento di G. doveva riguardare la sistemazione nel vano della finestra alle spalle dell’altare maggiore, con il collocamento di una statua raffigurante la santa: il progetto originario non venne però mai realizzato, forse a causa della morte del committente, e le modifiche attuate nel secolo XIX si discostano notevolmente dalla primitiva idea. Più vasti, invece, gli interventi in S. Flaviano (per quanto non ufficialmente documentati), legati alla variazione del percorso della via Cassia che determinò l’inversione di orientamento dell’edificio: la sopraelevazione del tetto consentì inoltre di creare una struttura su due livelli, caratterizzata da un doppio ingresso e dall’apertura di alcune finestre; elementi decorativi in pietra furono aggiunti alle due facciate.

All’interno fu mantenuto intatto l’aspetto medievale della chiesa inferiore, mentre nell’aula superiore, su indicazione del committente, vennero realizzati tre nuovi altari in stucco (due lungo le pareti, il terzo addossato alla parete di controfacciata), oggi distrutti. Più limitati gli interventi nel palazzo vescovile, che prevedevano un ampliamento dell’appartamento principale con la realizzazione di una nuova cappella e la sistemazione dei giardini: i lavori si conclusero nel 1746 circa.

BIBL. – Mancini – Scarfone 1985; Scarfone 1989; Varagnoli 1988; Varagnoli 1989; Varagnoli 1990; salir Index, IV, p. 350; Claudio Varagnoli in DBI, 59, pp. 89-92.

[Scheda di Agnese Sferrazza – Ansl]