Maidalchini Andrea – Marchese (Viterbo, 15 ag. 1584 – ivi, 29 lug. 1649).
Figlio di primo letto di Sforza, fratellastro di donna Olimpia, si sposò giovane con Laura Costantini del capitano Ascanio di Orbetello; rimasto vedovo, si risposò con Pacifica Finiziani, già vedova di Ludovico Chigi (1622). Presente nella vita artistica e culturale viterbese come amatore di belle arti (studiò pittura da giovane e collezionò antichità), patrocinò il musicista Giovanni Boschetti, dal quale ebbe in dedica la partitura del melodramma Strali d’amore (ed. Venezia 1618), rappresentato in Viterbo due anni prima. Come il padre, fu capitano di milizia e appaltatore della gabella della carne. La sua posizione di piccolo committente nell’attività culturale della città è confermata dalle dediche di opere letterarie fattegli nel 1619 da Ottavio Durante e dallo stampatore Pietro Discepoli. Costruì la villa «del Barco» alle pendici dei Monti Cimini (1625) ed ebbe palazzo presso Porta San Pietro. Negli anni 1621 -1625 fu governatore di Aversa ma le sue fortune si accrebbero di molto con l’ascesa al pontificato di Innocenzo X, cognato di sua sorella (1644).
Donna Olimpia lo fece nominare governatore delle armi pontificie per l’ Umbria e il Patrimonio (1645), nonché marchese di Ripa Alta. I suoi interessi letterari sono confermati da nuove dediche rivoltegli da Giovanni Angelo Perucci nell’offrirgli la commedia La vedova schernita ( 1645, ed. Macerata 1646) e dagli stampatori Diotallevi per l’edizione viterbese di un romanzo di Giovanni Battista Manzini (Il Cretideo, 1648). Ma dal popolo «era molto mal voluto, perché lui comprava tutto il grano, tutto il vino, et tutto l’oglio, et poi lo rivendeva con suo guadagno» (Gigli). Per arricchirsi con queste speculazioni da accaparratore non esitò a impedire i rifornimenti annonari, provocando carestia di pane e suscitando l’odio della popolazione.
Solo «doppo la sua morte il pane crescè in Viterbo». Ebbe numerosa prole: Giacinto (v.), Domenico, Francesco, Sforza (1629-1711), cavaliere di Malta (1647), e le femmine Francesca Maria e Ortensia. Francesca Maria ( 1625-1695), benvoluta dalla zia donna Olimpia, procurò la fortuna della famiglia del marito, Luigi Costaguti, che fu fatto marchese. Ortensia (Viterbo ca. 1633 – Roma 30 ott. 1709) sposò nel 1654 il marchese Cesare Bevilacqua con il quale visse a Bologna, stabilendosi in seguito a Roma dove lasciò eredi le monache di S. Anna de’ Funari, che la seppellirono con iscrizione onorifica nella loro chiesa.
Successore di Andrea nel titolo di marchese fu il figlio Domenico (Viterbo batt. 3 marzo 1637 – ivi ago. 1662), che dalle nozze con Eugenia del marchese Orazio Spada (16 maggio 1656) ebbe un solo figlio maschio, Andrea junior, delle femmine la primogenita Laura sposò il marchese Astalli e morì giovane a Roma nel 1683. L’ultimogenita Cecilia (Viterbo, 1661 – Roma, 26 marzo 1736) sposò il conte Giulio Bussi e fu sepolta in S. Maria in Trastevere.
BIBL. – Angeli 2003, pp. 293-294; Bussi 1742, pp. 331-332; Gigli 1958, p. 341; Nuovo Vogel, n. 413; Chiomenti Vassalli 1979, passim; Franchi 1988, pp. 100, 259; Lalli 2003, nn. 320, 574.
[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]