Monaldeschi – Famiglia (secc. XIII-XVIII)
Importante famiglia umbro-laziale, fiorita nei secc. XIII-XVII, ascesa per la parentela con Bonifacio VIII, ottenendo il dominio su Orvieto con Buonconte (1315) e in seguito molti feudi nella zona della Valle Tiberina e Bisenzio e Capodimonte intorno al Lago di Bolsena oltre che l’inclusione nella nobiltà viterbese (1356). Nel Lazio attuale i M. ebbero dal 1396 Montecalvello (con palazzo baronale), Grotte Santo Stefano e Vallebona; durante il papato di Martino V, loro parente e protettore, ottennero anche Castiglione in Teverina e l’ascrizione, come conti di Cervara, al patriziato romano. Dalla fine del XIV secolo troviamo i M. presenti nelle magistrature viterbesi e già imparentati con importanti famiglie locali. Nel 1456 Valentino Tignosini e Monaldo Monaldeschi, colpevoli dell’uccisione di Guglielmo Gatti, furono impiccati nell’orto del convento di San Francesco; a ricordo dell’evento, presso il tempio di Santa Maria della Peste è ancor oggi visibile un cippo in pietra noto come “colonna di ser Monaldo”.
In seguito si distinsero con vescovi, magistrati e soprattutto con i figli di Camillo, i capitani Luca (1519-1541), morto all’assalto del castello laziale di Ciciliano, e Sforza, famoso sui campi di battaglia d’Italia e d’Europa, entrambi figli di Camillo e di Costanza della Montagna. Loro fratello fu il prelato Monaldo (ca. 1525 – 1590), notevole figura di signore e mecenate artistico «provinciale», dal 1556 spesso residente nella casa gentilizia di Torre Alfina (presso Acquapendente), da lui decorata con affreschi (1584) e fornita di magnifica biblioteca storica. Appassionato di poesia e musica, fece scrivere ad Alfonso Ceccarelli le vicende della sua famiglia (Historia di casa Monaldesca, 1580). La sua notevole cultura storica e politica anima i Commentari historici, scritti nel corso di molti anni e pubblicati a Venezia nel 1584 presso lo stampatore Ziletti; l’opera, importante soprattutto per la storia orvietana, non manca però di respiro e di efficacia nell’esposizione. Le gesta di Luca e Sforza e la cultura di Monaldo non salvaguardarono la famiglia da una graduale decadenza, con perdita dei domini feudali: Castiglione in Teverina passò ai Farnese nel 1553, molte terre in Umbria furono vendute nel 1598, Montecalvello, Grotte Santo Stefano e Vallebona furono sequestrate a Paolo (1566-1639) per debiti nel 1637 e definitivamente confiscate ai suoi eredi nel 1644.
Invano Paolo si fece seppellire a Monte Calvello per riaffermare i diritti della stirpe su quel castello. La sorte dei M. avrà una tragica conclusione nella vicenda di Giovanni Rinaldo, al servizio di Cristina di Svezia come scudiero maggiore (e da molti supposto suo amante), da lei fatto uccidere per tradimento di segreti politici (Fontainebleau 10 nov. 1657). Il feudo, dapprima acquistato da Giovanni Rainaldi, fu successivamente ceduto a donna Olimpia Maidalchini Pampili e finì per successione nelle proprietà dei principi Doria Pamphili Landi nel 1760.
Arme: di rosso alla banda d’argento. Il distinto ramo dei Monaldeschi dell’Aquila (signori di Castel dell’Aquila) portava due bande controdoppiomerlate.
BIBL. – Marchesi 1735, pp. 239-240; Crollalanza, II, p. 152; Carlo Augusto Bertini in Amayden, I, p. 46, II, p. 102; Silvestrelli, pp. 755-758, 773-775, 796-801; Argegni 1936, pp. 274, 275-276; Signorelli 1968, pp. 144-145; Bentivoglio 1983d, p. 24; Fagliari Zeni Buchicchio 1993; Weber 1994, p. 785; Quattranni 1995b; Achilli 2002; Angeli 2003 (con rif. alle fonti d’archivio e albero genealogico); M. Montalto, I Monaldeschi di Montecalvello. Repertorio di eccellenti matrimoni, Viterbo, Settecittà, 2008; voci “Monaldeschi” in DBI, vol. 75, Roma, 2011, pp. 528-543.
[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus; integrazioni di Luciano Osbat – Cersal]