Odescalchi, Livio – Principe (Como, 10 mar. 1658 – Roma, 8 sett. 1713).

Nipote di papa Innocenzo XI, si affermò nel patriziato romano non per cariche e benefici datigli dallo zio, che aveva bandito il nepotismo, bensì come erede delle grandi ricchezze che la famiglia Odescalchi aveva ammassato per secoli. Con esse acquistò importanti feudi nel Lazio: il ducato di Ceri (1678, dai Borromeo, cui lo rivenderà nel 1713 dopo aver condotto lavori nel palazzo nel 1684-1685), Palo (1693, già degli Orsini cui era stato sequestrato per debiti dalla Congregazione dei Baroni), il ducato di Bracciano (il 17 apr. 1694 da Flavio Orsini, atto ratificato quattro mesi dopo dalla Congregazione dei Baroni). Nel 1696 tentò l’acquisto del principato di Albano, aggiudicandosi l’asta a cui il feudo era stato posto per sanare i debiti del principe Giulio Savelli, ma la Camera Apostolica esercitò il diritto di prelazione in favore dello Stato.

Di altri prestigiosi titoli fu insignito dagli imperatori austriaci (principe del Sacro Romano Impero dal 1689, duca del Sirmio (nell’attuale Serbia, a nord di Belgrado) dal 1697, con titolo di altezza e diritti quasi sovrani su una vasta regione dei Balcani) e da altri sovrani; nel 1697 fu anche candidato al trono di Polonia, ma la sua elezione fu impedita da Luigi XIV. Fu splendido mecenate delle arti, della musica, della cultura (patrono dell’Accademia d’Arcadia prima, dei dissidenti Accademici Quirini poi).

A Bracciano il suo governo segnò un netto miglioramento delle condizioni economiche, favorendo l’agricoltura, l’industria della carta e del ferro, la pesca nel lago, con aumento della popolazione e dell’abitato; vi fece costruire l’acquedotto, la chiesa di S. Lucia degli Agricoltori, affidata ai Cappuccini (1700), poi quella di S. Maria Novella degli Agostiniani; nel castello fece compiere lavori di restauro (1700); ancora nel testamento beneficò Bracciano, lasciando i fondi per l’erezione della chiesa e convento di S. Giuseppe e per il compimento della facciata della collegiata. Nel castello di Palo condusse lavori per ricevervi papa Innocenzo XII (1696), l’ex regina di Polonia (1701) e l’ambasciatore austriaco (1705). A Vetralla fece ricostruire la collegiata di S. Andrea (1695).

In un altro ambizioso e generoso progetto profuse grandi ricchezze: nel 1699 propose di riprendere a sue spese il progetto dell’ingegnere olandese Meyer per la bonifica delle Paludi Pontine, ottenendo al riguardo un chirografo papale; nel 1701 l’intero territorio pontino gli fu concesso in feudo dalla Camera Apostolica con l’obbligo di prosciugarlo, con supervisione del cardinal Imperiali; ma troppi erano gli interessi contrari al progetto, per cui i suoi incaricati furono più volte corrotti o minacciati, e non pochi intralci burocratici creò la Congregazione delle Acque presieduta dal cardinal Carlo Barberini; le spese lievitarono (O. spese 35.000 scudi nei soli terrapieni del Puzza) e alle piene primaverili gli argini mal co­struiti crollavano.

Intanto Livio morì e fu sepolto nella splendida cappella di famiglia da lui stesso eretta a Roma nella basilica dei Ss. Apostoli. L’erede e successore, Baldassarre Erba Odescalchi, ne proseguirà l’impegno, ma il Meyer, atterrito dopo esser stato aggredito a mano armata a Sermoneta, abbandonò l’impresa, risoltasi con grave danno per casa Odescalchi e scoraggiamento di chi al­tri intendesse tentarla.

BIBL. e FONTI – ASR, Fondo Odescalchi, XXXI – G-3; Famiglie (104/XXII): Odescalchi (X, 145, b. 112, fase. 15). BAV, Barb. lat. 6430, cc. 47v, 109. AVR, Parr. dei Ss. Apostoli, Morti, VII, ad diem 8.9.1713.  Giovanni Mario Crescimbeni in Notizie degli Arcadi, I, pp. 308-313; Marocco, IV, pp. 73-74, XIV, p. 174; Moroni, XLVIII, pp. 263-266; Berti 1882, pp. 53-54; De Daugnon 1905-07, II, pp. 137-139; Lombardini 1909, p. 98; De Bojani 1910,1, pp. 6-11, 16-17; Pastor, XIV/2, pp. 19-21; Tomassetti, II, pp. 225, 512, III, pp. 41, 71, IV, p. 459; Silvestrelli, pp. 25, 171, 583-586, 604; Belli Barsali – Branchetti 1981, p. 288; Sacchi Lodispoto 1981, pp. 484-488; Vitalini Sacconi 1982, I, p. 48; Franchi 2002d.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]