Pocci Cesare – Amministratore (Viterbo, 16 set. 1810 – ivi, 17 set. 1876).
La famiglia, originaria di Roma ma stabilitasi nella Tuscia dalla metà del sec. XV, fu aggregata alla nobiltà di Viterbo nel dic. 1754. Figlio del conte Pier Giovanni e di Olimpia Gualterio, alla dedizione al pontefice improntò la sua condotta nel corso degli anni che lo videro importante protagonista della vita cittadina. Socio dell’Accademia degli Ardenti (della quale nel 1856 fu presidente) e governatore dell’ospedale, rivestì infatti più volte la carica di gonfaloniere e si distinse in numerose occasioni per importanti iniziative economiche e sociali. Capitano della Guardia Civica nel 1831, fu una prima volta gonfaloniere di Viterbo per il biennio 1844-1845; rifiutò poi il mandato per il biennio successivo, per poi riprendere la carica nel 1848.
Il suo nome rimane legato in particolare alla Società del Teatro dell’Unione, costituita con il conte Tommaso Fani nel 1843 e finalizzata all’apertura di un nuovo teatro. All’iniziativa aderirono 75 famiglie viterbesi e nel dic. 1845, dopo un concorso bandito dallo stesso P. in qualità di gonfaloniere, si giunse alla scelta del progetto dell’architetto romano Virginio Vespignani. L’appalto per la costruzione del teatro fu affidato all’imprenditore Simone Carraresi; la posa della prima pietra ebbe luogo con cerimonia solenne il 28 nov. 1846 ma, per difficoltà dell’appaltatore che rinunciò all’incarico, nel feb. 1850 P. assunse direttamente la direzione e l’amministrazione della Società, adoperandosi per far proseguire i lavori in regime di economia.
Il Teatro dell’Unione, tra mille difficoltà, fu terminato solo nel 1855. Intanto, nel 1848, per un breve periodo P. sostituì al Consiglio dei deputati il candidato del collegio di Viterbo, Francesco Orioli, che aveva ricusato il mandato: P. gli subentrò superando per pochi voti il candidato sostenuto dal Circolo popolare «Michelangelo Pinto». A disagio e fondamentalmente poco interessato alle vicende del parlamento romano, non frequentò le assemblee e dopo poco rassegnò le dimissioni. Nella sua realtà cittadina, invece, continuò con impegno l’attività pubblica, sempre connotata dalla sintonia con il rappresentante pontificio. Dal 1853 fu consultore governativo della provincia di Viterbo ed è ricordato per gli interventi messi in atto durante l’epidemia di colera che colpì la città nel 1855. Fu inoltre presidente della Cassa di Risparmio di Viterbo, promossa dal delegato apostolico monsignor Lasagni, dalla sua istituzione (1855) al 1861. Gonfaloniere in carica nel 1867 quando la città fu occupata dalla colonna del colonnello Masi, si dimise con il consiglio in segno di fedeltà al pontefice, ma riprese l’incarico non appena ripristinato il governo pontificio, intrattenendo ottime relazioni e un personale rapporto d’amicizia con il nuovo vescovo della città, Gaetano Bedini.
Dopo l’Unità d’Italia, insignito dell’onorificenza di commendatore dell’Ordine di S. Gregorio Magno, proseguì nell’azione di strenuo difensore degli interessi della Chiesa in qualità di presidente della Società per gli interessi cattolici istituita in città nell’apr. 1871. Palazzo Pocci, edificato in contrada San Luca dall’architetto Giuseppe Prada nel 1736, fu per un periodo sede della Biblioteca degli Ardenti; andò poi distrutto nei bombardamenti dell’ultima guerra.
BIBL. – Signorelli 1914, pp. 458 n. 76, 459 n. 77, 478, 484, 547 n. 26, 694 n. 36; Alberto Maria Ghisalberti in DR, III, p. 919 (con bibl.); Ercole 1941-42, II, p. 394; Belloni 1951, p. 173; Signorelli 1968, pp. 150-152; Signorelli, III/2, p. 441 n. 69, p. 512 n. 34; Brannetti 1981, pp. 77, 81, 88; Angeli 2003, pp. 404-407, 807-809 (con rif. alle fonti d’archivio e bibl.).