Poggiarelli – Famiglia (Viterbo, secc. XVIII-XIX)

Famiglia viterbese di stampa­tori, attivi a Ronciglione e a Viterbo nei secc. XVIII e XIX. Già nel Seicento sono segnalati nella parroc­chia viterbese di S. Giovanni in Zoccoli. Caposti­pite degli stampatori fu Domenico (1693-1755), che con atto del 18 ott. 1729 ottenne in affitto, a condi­zioni molto convenienti, la tipografia di Ronciglio­ne già dei Toselli, allora sequestrata dall’autorità ec­clesiastica, e la riattivò, ponendo l’officina «al can­tone» nella piazza del Duomo, dirimpetto al palaz­zo della Camera Apostolica (attuale Municipio). Immediatamente iniziò a stampare, pubblicando edizioni a suo nome.

L’anno dopo acquistò dagli eredi di Domenico Menichelli, dei quali forse era parente, l’altra stamperia di Ronciglione, divenendo così l’unico tipografo della cittadina. Conclusa­si la procedura giudiziaria, nel 1735 divenne titola­re di pieno diritto della tipografia ex Toselli, e poté riunire le dotazioni delle due officine. Le sue edi­zioni lo qualificano «stampatore vescovile e pub­blico», cioè al servizio dell’autorità ecclesiastica e di quella comunale. Approfittando poi della deca­denza della stamperia degli Eredi de Giulii di Vi­terbo, trasferì la propria attività nel capoluogo, dove ottenne l’appoggio del Comune e fu nominato stam­patore pubblico dal 1° gen. 1748. Da quell’anno datano le sue edizioni viterbesi.

Morto Domenico l’8 luglio 1755, l’azienda passò al figlio Giuseppe (1724-1784), che seppe reggere la concorrenza por­tata dal libraio-editore viterbese Zenti producendo un’apprezzabile quantità di libri e opuscoli. Ebbe i titoli di «stampatore pubblico», «camerale» e «ve­scovile». Alla sua morte (5 giugno 1784) gli suc­cessero i quattro figli Bartolomeo (m. 1836), Francesco (m. 1808), Camillo (m. 1806) e Do­menico (m. 1827), che mantennero indivisa l’azien­da, sottoscrivendo le edizioni come «fratelli R» op­pure «i P.» oppure «stamperia R».

Sotto la loro ge­stione incominciò una sensibile decadenza dell’at­tività. Con l’avvento del regime repubblicano (1798) l’appalto comunale fu abolito; tre anni dopo fu ripristinato, ma i P. dovettero dividerlo con un nuovo piccolo imprenditore, Giuseppe Mezzetti. La produzione ne risentì, calando sempre più; restava tuttavia ai due P. ancora viventi (Bartolomeo e Do­menico) l’orgoglio di provenire da una tradizione famigliare non priva di successi, per cui rifiutarono le offerte di acquisto da parte di più abbienti e mo­derni imprenditori, dichiarando di voler morire ti­pografi. Infine, morto anche Domenico, l’ottuage­nario e malato Bartolomeo dovette nel 1828 vende­re la ditta a Rocco Monarchi.

A Viterbo la stampe­ria dei R. ebbe sede nella «strada corriera» (attuale Corso Italia), dirimpetto a palazzo Bussi. Un elen­co pressoché esaustivo delle edizioni P. si ricava dalle opere di Francesco Maria D’Orazi (per Ron­ciglione) e di Attilio Carosi (per Viterbo).

BIBL. – Carosi 1997a, pp. 19-26 e ad indicem. Inoltre: D’Orazi 1991, nn. 112-120; Franchi 2002b, pp. 120-121.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]