Romani Pietro Martire, o.p. – Letterato, teologo (Bagnoregio, secc. XVI-XVII).
Figlio di Luca (di famiglia notabile originaria di Narni) e di Lucrezia Filippi, ebbe piena formazione letteraria studiando con Alessandro Donzellini (ca. 1595). A quindici anni entrò come novizio nell’Ordine domenicano nel convento della Quercia presso Viterbo. Ivi professò i voti solenni e proseguì gli studi, conseguendo il magistero in teologia. Fu insegnante di lettere in conventi e collegi dell’Ordine a Roma e altrove. Fece parte degli Accademici Stabili di Todi, tra i quali fu detto il Vario.
Autore, oltre che di opere di spiritualità, anche di testi di poesia e di storia; nella sua Pentalitologia (1622) comprese una breve storia di Bagnoregio (con molte imprecisioni) che comprende anche una lode di quei vini: “I vini sono perfettissimi, sendo essi di sostanza leggiera, amabile, spiritosa e odorifera, i quali non par che cavino la sete, e trapassano tosto, e nettano le reni mirabilmente, e non danno punto alla testa. Così anco i frutti sono saporiti assai, ed i sedani sono aromatici soverchiamente, ma non d’atromazia stomachevole e nasueante, ma appetitosa e mordentina. Onde oggi, sì de’ vini e moscatelli e sì de’ sedani ne vanno a Roma in copia, e sono graditi con molto gusto dalla Corte Romana”.
E parlando del carattere dei bagnoresi scriveva: “Ultimamente questa gente è inclinata alle facezie, alla piacevol conversazione, siccome anco alla guerra ed alla libertà, ed è grandemente schiva della servitù e dello star soggiogata. E però per la prima inclinazione è riuscita mirabilmente nelle cose agonistiche, come sono le scene e le lotte ed i corsi e le mascherate e le danze, nelle cui due ultime cose ha sempre atteso ed attende tuttavia più; poiché nel tempo del Carnevale ballasi nelle due piazze, si di Rota, si di Civita, publicamente con licenziosa maniera, dove intervengono huomini e donne d’ogni età e condizione, tutti mascherati con stranissime foggie, ma specialmente le donne, e quivi tutto il giorno si tresca a suon di piffari, durando dalla Sessagesima fino alle Ceneri”.
Una indiretta conferma del carattere disinvolto dei bagnoresi si trova in una lettera del card. Francesco Barberini che il 17 maggio 1634 scrive al Governatore del Patrimonio preoccupato perché a Bagnoregio “si viva con indecente libertà, sendo quelli abitatori rilassati e discoli per gli abusi introdottivi nella distribuzione delle armi in disprezzo e vilipendio della giustizia, onde son frequentemente successi omicidi e delitti senza la dovuta punizione”.
Morì dopo il 1646.
Opere – Le Muse toscane overo Le nove testure della rima (Orvieto, appresso il Zannetti, 1620; ded. di Cesare Nebbia; canzoniere, prima parte delle poesie dell’autore); Pentalitologia overo Prose di cinque stili diversi (Orvieto, per Michel’Angelo Fei e Rinaldo Ruuli, 1622; raccolta in cinque parti di «dispute, dialogi, lettere, istorie, et orazioni», dedicata al cardinal Crescenzi vescovo di Orvieto; nella quarta parte si tratta della storia di Bagnoregio e dei suoi uomini illustri); versi per la morte di Giovanni Battista Marino, ed. in Licinio Racani, Il cordoglio di Parnaso (1626); Lucubrationum exegeticarum in Rosarium B. V. Mariae tomi duo (Maceratae, per haeredes Salvioni & Augustinum Griseum, 1634; con un terzo tomo, intitolato De columba caelesti e dedicato a Francesco Monaldeschi, contenente i sermoni sul rosario pronunciati dall’autore in diverse città); Il Rosario overo L’amador della Vergine, poema rapsodico (Foligno, per Agostino Alterij, 1642; poema in dieci libri, con una «disputa» dell’autore); De icone sanctissimi rosarii Deiparae Virginis Mariae libri tres (Fulginiae, apud Augustinum Alterium, 1649).
BIBL. – QE, II, p. 550; Quintarelli 1890, pp. 217-223; AIS, n. 2578; Tammaro Conti 1977, n. 528; F. Petrangeli Papini, Bagnoregio. Cronologia storica, Viterbo 1972, pp. 108-110.