Sacchetti, Urbano – Cardinale (Roma, 7 mar. 1640 – ivi, 6 apr. 1705).
Nato da Matteo (1593-1659), marchese di Castel Romano, e da Cassandra Ricasoli Rucellai, entrambi discendenti di famiglie nobili fiorentine, era il secondo di sei figli: il primogenito Giovanni Battista (1639-1688, battezzato dal cardinal Francesco Barberini), marchese di Rigatti, sposò Caterina Acciaioli; Marcello (1644-1720) fu cavaliere e ambasciatore di Malta; Ottavia (1647-1679), Francesca (1641-1713, battezzata da Olimpia Maidalchini e dal cardinal Camillo Pamphili) e Camilla (1650-1713, padrino il cardinal Ottaviano Carafa) si maritarono rispettivamente con il fiorentino Filippo Nerli, con il nobile romano Carlo Theodoli e con il marchese genovese Sigismondo Raggi.
Urbano fu battezzato nella chiesa di S. Giovanni de’ Fiorentini ed ebbe come padrini il cardinal Antonio Barberini e Costanza Magalotti; il nome gli fu imposto in onore del papa Urbano VIII. Molto versato negli studi, allievo del collegio dei Gesuiti, fu autore di varie composizioni letterarie e profondo conoscitore della storia antica. Studiò filosofia a Siena e si laureò in giurisprudenza a Bologna e in teologia a Pisa. Perfezionò gli studi presso la corte di Francia grazie all’intervento del cardinal Giulio Sacchetti, suo zio, che lo proteggeva e consigliava. Il 13 feb. 1662 fu nominato protonotario apostolico, e in seguito divenne referendario di Segnatura, quindi venne eletto prefetto di viabilità, commissario delle armi e uditore del pontefice Innocenzo XI.
Il 1o sett. 1681 fu designato cardinale e ottenne il titolo di S. Nicola in Carcere, che mutò varie volte negli anni successivi. Il 17 marzo 1683, dopo un periodo di sede vacante, fu destinato alla diocesi di Viterbo e Tuscania, succedendo a Stefano Brancaccio. La nomina fu ratificata nel concistoro del 29 marzo 1683 e il 23 maggio S. fece il suo ingresso a Viterbo; fu salutato con una cerimonia molto fastosa, sia per la sua carica di cardinale, sia per la sua parentela con il cardinal Giulio, che era stato protettore di Viterbo. Sulla fastosa accoglienza furono pubblicate due relazioni: una da parte di un segretario comunale, Bartolomeo Malavista, che ricalcava quella scritta da Pietro Coretini (segretario del Comune), l’altra di un segretario della locale Accademia, Polidoro Polidori.
Nei primi anni del suo ufficio S. fu molto impegnato a Roma per i suoi incarichi. Suo confessore era il frate francescano Lorenzo Cozza, eletto cardinale il 9 sett. 1724. Nel 1690 ottenne dalla Congregazione del Buon Governo il ripristino della mensa conservatoriale a Viterbo. Nel 1693 invitò il papa Innocenzo XII che si era recato in visita a Civitavecchia; il 1o giugno dello stesso anno presiedette il sinodo (che era stato convocato nel 1689 e più volte rinviato) in cui ribadì alcuni divieti e restrizioni nei confronti del clero e della popolazione di cui furono pubblicati gli atti a Roma (Constitutiones editae ab Eminentiss. et Reverendiss. D. D. Urbano card. Sacchetto Episcopo Viterbien. ac Tuscanen. in Dioecesana Synodo celebrata in Ecclesia Cathedrali Viterbien. Dominica secunda post Pentecosten, et feria sequenti diebus nempe XXIV et XXV Maij anno Domini MDCXCIV, Romae, ex Typographia Rev. Cam. Apostol., 1694). Tra gli editti allegati al sinodo spiccano quelli che riguardano la pubblicazione della bolla “In coena Domini” e l’”Editto del S. Offitio” che riguardano tutti due il controllo sulla vita culturale e sociale della popolazione.
Il 2 gen. 1694 inaugurò il giubileo speciale per la propria diocesi, richiesto al papa e concesso con una bolla del 7 sett. 1693. Condusse due visite pastorali: la prima immediatamente dopo il suo ingresso in Diocesi, la seconda a partire dal 1697. Dopo il terremoto che colpì la zona l’ll giugno 1695 provocando ingenti danni a Bagnoregio, Celleno, Castel di Pietro e Tuscania, fu molto vicino alla popolazione, e organizzò alcune processioni penitenziali nell’anniversario. Nel 1696 la sua salute si fece malferma, ciò che lo costrinse a diradare la sua presenza nella diocesi; il 4 marzo di quell’anno fu eletto suo vicario Angelo Vergari, originario di Gubbio e luogotenente di Frascati. S. si recò a Viterbo in occasione della Pasqua del 1696, 1697, 1698; effettuò la sacra visita ad Oriolo il 4 nov. 1697, a Civitavecchia nel marzo 1698, a Vetralla il 1o giugno 1698. Nell’ott. 1699 rinunciò all’amministrazione della diocesi, e dal 19 settembre le ordinazioni sacerdotali furono effettuate dal vescovo di Acquapendente.
Dopo la sua morte, fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini a Roma, nella cappella del SS. Crocefisso. Durante il suo incarico nella diocesi viterbese, fra l’altro, concesse a Rosa Venerini la possibilità di istituire una scuola per ragazze, compilò su incarico della Congregazione dei Riti il processo sulle virtù eroiche e sui miracoli di Giacinta Marescotti, si adoperò per migliorare le condizioni di esposizione del corpo di santa Rosa e promuovere il suo culto, fece pubblicare l’agiografia dei santi patroni locali Valentino e Ilario, di cui incentivò il culto. Fu promotore dell’ampliamento della cattedrale di S. Lorenzo, che impreziosì, commissionando un ciclo di affreschi al pittore romano Giuseppe Passeri. Fu inoltre protettore dell’Accademia viterbese degli Ardenti, che gli dedicò la tragicommedia Amore vincitore di se stesso (Viterbo, per Pietro Martinelli, 1685), rappresentata nel 1685. Al Sacchetti è dedicato anche un oratorio in lode del beato Luigi Gonzaga del 1690. Nella diocesi di Viterbo è conservato un dipinto che lo rappresenta.
BIBL. e FONTI – Cedido, Archivio dell’antica Diocesi di Viterbo-Tuscania, serie “Visite pastorali”, Visite Sacchetti; Battaglini 1711, IV, p. 740; Bussi 1742, pp. 337-338; Guarnacci 1751, I, pp. 178-180; Moroni, LX, pp. 101-102; Gams, p. 737; HC, V, p. 417; Rhodes 1963, p. 137; Signorelli, III/I, pp. 115-126; Frittelli 1980, pp. 203-221; DIP, IX, col. 1831; Franchi 1988, p. 564; Fosi 1997, pp. 243, 248, 251254; Franchi 2002b, p. 111; Rendina 2004, pp. 541-542; F. Pietrini, I vescovi e la Diocesi di Viterbo, Viterbo 1949, pp. 89-90; voce “Sacchetti Urbano” di I. Fosi in DBI, vol. 89, pp. 461-463.
[Scheda di Barbara Scanziani – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]