Tucci Alfredo – Politico (Viterbo, l° feb. 1894 –  Genova,  20 lug. 1957)

Figlio di Giuseppe e di Giovanna Flora, nato in una fa­miglia di piccoli proprietari in agiate condizioni economiche abitanti nella parrocchia di San Sisto,  si laureò in giurisprudenza. Partecipò al primo conflitto mondiale e fu promosso capitano per meriti di guerra. Trasferitosi a Genova nel 1920, si iscrisse al psi e si spese a difendere legalmente i militanti del movimento operaio in tutti i processi del tempo (ad esempio al processo di Sarzana del 1921 e in quello contro gli anarchici dinamitardi del 1922). Dopo la scissione di Livorno restò nelle file socialiste; schierato su posizioni massimaliste, fu comunque sempre sostenitore di un’azione uni­taria con i comunisti: verso la fine del 1922 aderì al Comitato nazionale per l’unione delle forze rivolu­zionarie, costituitosi a Milano. Il 20 giugno 1923 fu tra i firmatari della Lettera aperta alla direzione del psi, pubblicata sul primo numero di «Pagine rosse» (di cui fu corrispondente per la Liguria), dove numerosi dirigenti socialisti di primo piano attaccavano l’orientamento assunto dal partito dopo il XX Congresso nazionale per ribadire la volontà di lotta per la fusione. Nel 1924, in quanto favorevo­le al blocco elettorale col PCI, venne considerato fuori del partito. Entrato nel PCI, fu membro del co­mitato direttivo genovese e, al III Congresso regio­nale del 5 ott. 1926, designato membro del comita­to esecutivo. Dal 1924 era stato anche responsabi­le regionale del Soccorso rosso internazionale e corrispondente ligure per «l’Unità».

Con l’andata in vigore delle leggi eccezionali venne arrestato nel nov. 1926, condannato a cinque anni di confino (ri­dotti a tre nel gennaio successivo) e destinato a Ustica, dove fece parte del direttivo del partito per il lavoro politico tra i confinati. Nell’ott. 1927, con altri 37 confinati, venne tradotto nelle carceri di Pa­lermo: processato dal Tribunale speciale per rior­ganizzazione di partito sovversivo e cospirazione contro lo Stato, dopo dieci mesi di istruttoria passati in carcere fu assolto e tradotto a Ponza, quindi in altri carceri per terminare il periodo di confino. Rientrato a Genova nel nov. 1929, rimase sempre sotto vigilanza.

Dopo il crollo del fascismo si oc­cupò della riorganizzazione del sindacato, ma al­l’inizio del 1944 fu colpito da mandato di cattura e, su indicazione del partito, si trasferì a Milano, dove lavorò con la commissione provinciale per l’agitazione politica tra gli intellettuali. Si spostò quindi in Valtellina in zona partigiana e, catturato dai fascisti, poté salvarsi perché non venne scoper­ta la sua vera identità. Partecipò all’insurrezione di Milano e, dopo la liberazione, rientrò a Genova. Eletto nel primo Consiglio comunale della città, fu assessore nel 1945-1946 e poi consigliere. Fece parte del Comitato federale comunista e della commissione provinciale del partito che si occupava dei problemi della cooperazione. In questo settore esplicò maggiormente la sua attività nel dopoguer­ra, divenendo presidente della Federazione provin­ciale delle cooperative genovesi e consigliere della Lega nazionale.

BIBL. e FONTI – ACS, CPC, b. 5236, f. 019196, ad nomen (con bibl.) – «Più avanti!» 1922-24; «Pagine rosse» 1923­-24; «l’Unità» 1924-26; Andreucci – Detti 1975, V, pp. 124-­126.

[Scheda di Gabriella Spigarelli – Fgb]