Altemps – Famiglia (Gallese, secc. XVI-XX)

E’ famiglia patrizia di origine tirolese (Hohenems nel Vorarlberg, dioc. di Costanza), stabilita a Roma durante il pontificato di Pio IV in virtù della parentela con quel papa. Nel Lazio furono signori di Gallese (dal 1579, con la tenuta delle Rocchette presso Magliano), di Soriano nel Cimino (dal 1579 al 1614), di Monte Porzio e della Molara (1582-1614), di Montecompatri (1584-1614), della tenuta di Santa Colomba (1577 – ante 1678) e della villa Mondragone a Frascati (1567-1614). Dal 1585 ebbero il titolo di duchi di Gallese e marchesi di Soriano.

Fondatore della fortuna della famiglia fu Marco Sittico (Mark Sittich, Hohenems 1533 – Roma 1595), nipote di Pio IV, che lo nominò nunzio a Vienna (1560) e cardinale (1561). Fu legato pontificio al Concilio di Trento e arciprete dì S. Giovanni in Laterano. Volendo che la sua famiglia si radicasse nel Lazio, acquistò dapprima vasti terreni tra Sezze e Sermoneta, ma il crescente interesse della corte di Roma per la zona dei Colli Albani lo spinse poi ad acquistare anche la villa Angelina di Frascati dagli eredi del Cardinal Ranuccio Farnese (1567), facendovi costruire un casino dal Vignola e chiamandola villa Tuscolana o «Villa Vecchia»; avendovi ospitato Gregorio XIII (1572), su suggerimento di quel papa volle poi edificare anche la magnifica villa Mondragone: i lavori, svoltisi fino al 1578 sotto la direzione dell’architetto Martino Longhi il Vecchio, richiesero somme enormi, come del resto i sontuosi ricevimenti, dove spesso fu presente il papa. Proprio con riferimento all’arme araldica di Gregorio XIII la villa fu chiamata Mondragone; gli eleganti affreschi delle sue sale presentano soggetti ariosteschi e celebrazioni della stirpe A. Il cardinal Marco Sittico acquistò poi, in favore di suo figlio Roberto, il feudo di Montecompatri dal contestabile Marcantonio Colonna, in estinzione di censi creati e venduti dal Colonna a lui stesso per un totale di 34.000 scudi (genn. 1575; la lunga transazione si concluse nel 1584). Due anni dopo Marco Sittico acquistò l’ampia tenuta di Santa Colomba presso Monterotondo da Pietro Paolo Orsini. Nel 1582 volle completare l’ambito delle sue proprietà della zona tuscolana con l’acquisto di tutto il territorio (allora poco popolato) di Monte Porzio, con la tenuta della Molara, da Cesare della Molare per il prezzo di 9550 scudi; l’acquisto fu incorporato nella sua proprietà di Mondragone e venne a formare un’area continua fino a Montecompatri; in essa il cardinale favori la nascita del villaggio, primo nucleo dell’attuale Monte Porzio Catone.

Intanto i rapporti di parentela con la famiglia trentina dei Madruzzo avevano favorito un’altra transazione, l’acquisto dei feudi marchionali di Gallese e di Soriano da Fortunato Madruzzo (12 febbr. 1579); per Gallese sei anni dopo otterrà l’erezione in ducato. Per questo imponente complesso di beni, cui vanno aggiunti il palazzo di Roma presso S. Apollinare e la cappella di famiglia in S. Maria in Trastevere, istituì un fedecommesso in favore del figlio (18 luglio 1580); per questo atto, come per i precedenti acquisti, si servì di Mario Chiaruzzi (Clarutius), suo notaio di fiducia. Il fedecommesso fu rinnovato nel testamento del 27 feb. 1588. Dal nov. 1592 fu anche legato della provincia del Patrimonio. Mori il 15 feb. 1595 e fu sepolto nella cappella A. di S. Maria in Trastevere.

Roberto (1566-1586), suo figlio naturale legittimato, fu dunque il titolare dei feudi acquistati dal padre; di temperamento impetuoso, esiliato da Sisto V per il ratto di una fanciulla, premorì al padre. Vero erede dei titoli e del patrimonio di famiglia fu suo figlio Giovanni Angelo (1581-1620), temperamento riflessivo, amante di lettere, musica, teatro, ed egli stesso autore drammatico. Come duca di Gallese amò quel castello e spesso vi soggiornò, ospitandovi alcuni cantori pontifici per i suoi diletti musicali. Amò anche Frascati, dove beneficò l’eremo di Camaldoli. Ma le spese straordinarie da lui compiute per le promozioni musicali e teatrali nel palazzo di Roma, l’acquisto da Filippo Colonna, per una cifra esorbitante, della biblioteca già di papa Marcello II e del cardinal Sirleto (1611) e l’eccessiva sua generosità (nel 1604 aveva donato l’acqua della Molare al cardinal Aldobrandini che costruiva la villa del Belvedere) portarono a un dissesto finanziario tale da costringerlo a vendere (o piuttosto, come si rilevò già all’epoca, a svendere) tutti i beni della zona tuscolana: con atti del nov. 1613 e del maggio 1614 Monte Porzio, Montecompatri, la Molare, la villa Mondragone e la «Villa Vecchia» furono ceduti al car­dinal Scipione Borghese, ricevendone in parziale permuta un palazzo sul Quirinale (poi palazzo Ro­spigliosi), anch’esso poi venduto (1619). Morì ancor giovane nel suo palazzo di Roma il 5 ott. 1620 e fu sepolto in Trastevere nella cappella di famiglia.

Pietro ( 1607-1694), figlio di Giovanni Angelo e di Maria Cesi, fu il terzo duca di Gallese (dapprima sotto la tutela della nonna Cornelia Orsini, dal 1625 di fatto). Rifuggendo dagli intrighi della corte ro­mana, visse in prevalenza nel castello di Gallese, da lui fatto restaurare e completare per opera del­l’architetto Carlo Fontana. Ivi ebbe al suo servizio Marcantonio Stradella e nel 1655 ospitò la regina Cristina di Svezia. Per breve periodo fu anche signore di Sipicciano (feb. 1626 – ag. 1632), acquistato da Paolo Antonio e Vincenzo Baglioni, ma poi retrovenduto ai medesimi, che però figuravano solo di nome: il feudo passò infatti ai Barberini. Pietro ne fu irritato e rifiutò l’offerta di don Taddeo Barberini per il casale di Santa Colomba presso Monterotondo (1633); ma molti anni dopo fu costretto a cedere. Dal padre derivò l’amore per le lettere e la musica: nel 1635 promosse un’accademia letteraria a Soriano, dove furono lette e recitate opere di Dedalo Fortunati e Marcantonio Raimondi (suo segretario); per gran parte della sua vita fu uno dei «guardiani» dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso, istituzione romana dove si diedero numerosissimi oratorii in latino, diversi dei quali promossi da Pietro.

Quarto duca di Gallese fu suo figlio Giuseppe Maria (1652-1713), con il quale la decadenza della famiglia appare manifesta, priva dello spirito mecenatesco del padre e del nonno: gravato di debiti, maniaco del risparmio, visse ritirato nel castello di Soriano, vendendo le sue carrozze; la moglie Ortensia Mazzei Cybo, disgustata, visse nel monastero di S. Lucia in Selci pur di non lasciare Roma e i suoi divertimenti. Il figlio Roberto Aniceto (1687-1742), rendendosi conto del dissesto economico, fu costretto a vendere il marchesato di Soriano agli Albani (20 apr. 1715); né il sacrificio né la taccia di taccagno e di «sordido» valsero a evitare che nel 1738 fosse sottoposto ad amministrazione controllata da economo nominato dal governo pontificio.

Nel corso del Settecento e del primo Ottocento gli A. proseguirono in una linea di austerità e di distacco dalla politica, volta però a difendere a tutti i costi il residuo dominio di Gallese e il connesso titolo ducale. La famiglia fu ascritta al patriziato di Roma solo nel 1854 con Giuseppe, morto tre anni dopo senza figli; suo erede fu il cugino Marco, sposatosi con la cugina Lucrezia che, rimasta vedova, fu l’ultima degli A. Titolare del ducato, si risposò nel 1858 con un giovane sottufficiale francese, Giulio Hardouin, figlio di un orologiaio di Caen, all’epoca presente a Roma con le truppe di sostegno a papa Pio IX. Dalle nozze nacque una figlia, ma madre e figlia morirono nel giro di due anni e l’Hardouin, per volontà del papa (che ignorò un altro ramo di veri A.), fu riconosciuto legittimo erede del nome, dei titoli e del patrimonio degli A. Passò allora a nuove nozze con la principessa Natalia Lezzani, avendone numerosa prole.

Il figlio di Giulio, Luigi (1861-1920), venne ad abitare stabilmente a Gallese occupandosi delle sue proprietà che bonificò e che ripopolò con famiglie fatte venire da altre regioni. Scomparsa la malaria la popolazione di Gallese, che era scesa a 1000 abitanti, in breve raggiunse 1750 residenti alla metà del nuovo secolo.  Una sorella di Luigi, Maria, sposò il 28 luglio 1883 Gabriele D’Annunzio e sopravvisse al poeta e il maggiore dei suoi figli, Mario, ereditò il titolo di Principe di Montenevoso che al poeta era stato assegnato nel  1924. Il castello di Gallese appartiene ancora ai discendenti. Si affaccia sulla piazza centrale del paese con due scalinate di travertino che si congiungono di fronte all’ingresso principale. L’interno dell’edificio, ricco di opere d’arte e di antichi cimeli, offre al visitatore una visione suggestiva e ricca di riferimenti alla storia della famiglia e del castello.

Arme: d’azzurro all’ariete saliente d’oro.

BIBL. – Amayden, I, pp. 40-41 ; Litta, Altemps, tavv. I-II; Marocco, VII, pp. 139, 142-149; Visconti 1848, pp. 411-479; Lombardini 1909, p. 96; Tomassetti, III, pp. 439-440, IV, pp. 446-449,458,467,468, VI, pp. 278-279; Silvestrelli, pp. 188-190, 193, 200, 499, 695, 762; Noack 1927, p. 61; Spreti, I, pp. 364-365; HC, III, p. 38; Alberto Merola, Altemps, Giovanni Angelo, in DBI, 2, pp. 550-557; Boris Ulianich, Altemps, Marco Sittico, in DBI, 2, pp. 551 -557; Valesio, I, pp. 567-568; Belli Barsali – Branchetti 1981, pp. 164-169; Couchman 1986; Weber 1994, pp. 430, 451-452; Rendina 2004, pp. 42-47; A. Zaffarame, Storia di Gallese, Foligno 1979.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]