Bussi, Feliciano – Storico (Roma, ca. 1680 – Vi­terbo, 24 apr. 1741).

Pur non appartenendo all’anti­ca e prestigiosa famiglia dei Bussi di Viterbo, fu im­portante per la storia di quella città, dove trascorse gran parte della vita. Sacerdote dell’Ordine dei Mi­nistri degli Infermi, nel 1716 fu destinato a Viterbo, dove rimase fino alla morte. Appassionato di anti­quaria, archeologia, letteratura e storia, nel 1726 era ascritto all’Arcadia come Pomiso Parastate e tra i suoi amici figurava l’abate Francesco Ficoroni.  Il cospicuo numero di fonti archivistiche e cronachi­stiche a sua disposizione lo stimolò alla redazione di una storia della città di Viterbo (Istoria della città di Viterbo, rist. anast., Bologna, Forni, 1967), scrit­ta tra il 1736-1737 e ampliata nel 1740; formata da due volumi, ne fu pubblicata soltanto la prima par­te, nel 1742, presso Bernabò e Lazzarini. Il testo era stato presentato alle autorità comunali locali sin dal 1736 e recava come firme dell’imprimatur pontifi­cio quella di padre Volpi, consultore della Congregazione dell’Indice, del padre Casimiro, autore del­la storia della chiesa di Aracoeli di Roma, e quella dell’erudito Francesco Mariani dal quale il B. scrisse di aver tratto notizie come pure dai testi manoscritti che gli avevano lasciato Matteo Scaglioni, già Canonico della Cattedrale di Viterbo e Pietro Polidori, beneficiato di S. Pietro a Roma.

La seconda parte, manoscritta, è conservata nella Biblioteca Comuna­le viterbese. L’opera, che nel primo volume cerca di ricostruire tutte le notizie riguardanti la città e nel secondo presenta una successione di biografie di personaggi illustri locali o che agirono a Viterbo, non possiede grande valore critico, e si preoccupa principalmente di presentare il maggior numero di notizie, provenienti da svariate fonti. La più inte­ressante è la parte moderna, ricca di documenti d’ar­chivio. Il B. fu inoltre autore di un testo di etruscologia, conservato nella Bibliote­ca Comunale di Viterbo e pubblicato in copia ana­statica nel 1986 (Monumenti degli antichi etruschi ritrovati nel territorio viterbese editi su tavole in rame e con brevi note commentati da Feliciano Bussi dei padri di S. Camillo De Lellis 1788, trascrizione di Attilio Carosi; traduzione di Domenico Mantovani; commento storico-archeologico di Paolo Giannini, Roma, Stabilimento di Arti grafiche Luigi Salomone, 1986).

Il B. intrattenne una fit­ta corrispondenza epistolare con vari intellettuali dell’epoca, fra cui Anton Francesco Gori, erudito e appassionato di studi classici, e il marchese Ales­sandro Gregorio Capponi (1683-1746).

BIBL. e FONTI – BAV, Capp. lat. 276 (1729), 277 (1730), 277 (1731), 278 (1732), 278 (1732), 279 (1734), 280 (1736), 280 (1737), 281 (1738) (lettere al marchese Ales­sandro Gregorio Capponi su libri e antiquaria).  Pinzi, I, p. XXIV; Salvo Cozzo 1897, p. 435; Scriattoli 1915-20, pp. 439-­440; Signorelli, III/l, pp. 193-194; Armando Petrucci in DBI, 15, pp. 564-565; Bignami Odier 1973, pp. 166, 176, 254; Giorgetti Vichi 1977, pp. 111, 214, 236; Rendina 2004, p. 166.

[Scheda di Barbara Scanzani – Ibimus; integrazione di Luciano Osbat – Cersal]