Degli AttiFamiglia (Viterbo, secc. XVI- XVIII)

Originario di Todi, Pier Remigio Degli Atti si trasferiva a Viterbo nel 1527 sposando Cecilia Caprini. Ma già nell’ultima parte del Quattrocento Lorenzo Degli Atti, letterato e poeta, era a Viterbo e suo figlio esercitò la professione di notaio tra il 1504 e il 1525. Nel 1515 Emilio era podestà di Bagnaia e con testamento del 1519 chiedeva di essere sepolto nella chiesa di Santa Maria del Paradiso nominando suoi eredi la moglie Polissena e i figli. E un Girolamo di Emilio nel 1515 era giudice maggiore a Viterbo.  Giovan Battista di Emilio aveva sposato Battista vedova di Rosato Monaci mentre dal fratello Gregorio sposato con Potenziana nacque Polissena che nel 1569 si coniugò con il dottore Giovanni Battista De Rossi e dopo la sua morte con il ricco mercante aretino Domenico Riccomanni.

La linea di Pier Remigio ebbe tra i discendenti Atalanta, sua nipote, andata sposa ad Angelo Cecchini nel 1576; come pure Felice che nel 1563 vendeva un mulino in contrada Ponticello e nel 1582 un suo podere con casa colonica in contrada La Culla. Aveva sposato Leonida Sordolini di Orte e tra i suoi figli c’è Vincenzo che nel 1599 aveva sposato Caterina Loti e poi Vittoria Tignosini. E’ con lui che la famiglia viene iscritta al patriziato viterbese. Tra i suoi figli ci furono Giacomo che fu priore di San Matteo in Sonsa e Felice che fu Depositario, poi Priore e Conservatore del Comune di Viterbo. Fu Cavaliere di San Paolo e Cavaliere Pio; nel 1662 aveva l’appalto dei forni della Città e di Ronciglione. Nel 1664 era creato Conte di Castel Monte Giove e nel 1680 otteneva dai padri Domenicani del convento della Quercia la Cappella del Presepio già appartenuta alla famiglia Grassoni. Alla sua morte avvenuta in quell’anno lasciò 1200 scudi per favorire la carriera ecclesiastica di un prelato della sua famiglia. Il figlio Vincenzo  (v.) che era già chierico entrava così in prelatura divenendo poi governatore di Todi, poi di Orvieto e di Spoleto. Nel 1695 fu creato vescovo di Bagnoregio alla vigilia del terribile terremoto e nel 1696 fu trasferito ad Orvieto. Nel 1711 era giudice delegato insieme al nuovo vescovo di Bagnoregio Onofrio Elisei del processo di beatificazione di Giacinta Marescotti. Il fratello Giacomo fu anche lui ecclesiastico divenendo abate perpetuo dell’abazia di Santa Maria della Palomba ed entrò successivamente nella Curia romana divenendo poi canonico di Santa Maria Maggiore e a Roma morì nel 1724 essendo sepolto in quella basilica. Anche gli altri fratelli Pompeo e Gaspare furono ecclesiastici mentre l’altro fratello Girolamo era creato cavaliere gerosolimitano e capitano di una triremi nel 1706.

Giovan Pietro, primogenito del conte Felice, aveva sposato la contessa Paola Cardelli di Roma e da loro erano nati Giuseppe che divenne canonico della Basilica di San Pietro (1736) e protonotario apostolico; Felice che visse a Roma dove divenne Conservatore del Comune nel 1749 e dove aveva acquistato casa in Piazza San Pantaleo. Estintasi questa famiglia il cognome e il titolo fu assunto dalla famiglia Ciofi in seguito al matrimonio tra Leonida Degli Atti ne Tullio Ciofi celebrato nel 1638.

L’inventario dei beni redatto nel 1727 dai fratelli Felice e Giuseppe elenca le loro proprietà tra Todi e Viterbo e qui ricorda la cartiera in Contrada il Cuculo. In città avevano abitazione principale nei pressi del Macel Maggiore, nella parrocchia di Santa Maria Nuova. In seguito Vincenzo aveva acquistato un palazzo davanti la chiesa della Visitazione poi entrato nella disponibilità del Conservatorio degli orfanelli della Divina Provvidenza e negli anni vicini a noi trasformato in un  edificio scolastico.

BIBL. – N. Angeli, Famiglie viterbesi. Storia e cronaca. Genealogie e stemmi, Viterbo 2002, pp. 194-197.

[Scheda di Luciano Osbat – Cersal]