Alessandro IV – Papa (Jenne, fine XII sec. – Viterbo, 25 mag. 1261)
Rinaldo, figlio di Filippo feudatario di Jenne, nel territorio di Subiaco, e imparentato con Ugolino, poi papa Gregorio IX, faceva parte di una delle più potenti e ricche famiglie della regione. Secondo Andreotta nacque prima del 1192, quando i genitori furono costretti a lasciare il castello di Jenne, sotto il governo dell’abate Romano. Si ignora ove compì i suoi studi regolari, ma si sa che ebbe il titolo di magister almeno dal 1219; in un documento del 26 ago. 1208 è indicato per la prima volta con il titolo di canonico del duomo di Anagni. Nel 1221 fu al seguito di Ugolino, allora legato del papa in Italia settentrionale. Quando Ugolino salì al soglio pontificio, il 19 marzo 1227, Rinaldo, che ricopriva già la carica di camerario pontificio, venne nominato cardinale diacono di S. Eustachio il 18 sett. del medesimo anno. Nel 1231 aggiunse a queste due cariche quella di cardinale vescovo di Ostia, entrando tuttavia in possesso della diocesi solo quattro anni più tardi.
Istruito in diritto e in teologia e addentro nelle questioni di politica curiale, Rinaldo svolse in questi anni un’intensa attività giuridica, attestata dai numerosi documenti da lui rilasciati, con una costante permanenza in Curia, interrotta solo episodicamente, per riportare la pace tra nobili e popolo in Anagni (luglio 1231) o risolvere controversie tra Roma e Viterbo (ott. 1232). Entrato in rapporti di amicizia con l’imperatore Federico II, fu inviato dal papa nel 1237 come legato in Lombardia, per cercare un accordo tra i Comuni e Federico II, tentativo troncato dalla battaglia di Cortenuova, vittoriosa per l’imperatore. Alla morte di Gregorio IX nel 1241, Rinaldo perse la sua influenza in Curia e si occupò principalmente dei problemi interni all’Ordine Francescano, di cui era cardinale protettore. Tornò alla ribalta quando morì Innocenzo IV e i cardinali lo scelsero come successore.
Il 12 dic. 1254 assunse il nome di Alessandro IV papa, forse come ritiene Manselli, in ricordo di Alessandro III, a cui la sua famiglia doveva i feudi. La prima questione che affrontò come papa fu quella siciliana, che aveva già dato filo da torcere ai suoi predecessori, nel tentativo di ostacolare il piano di Federico II, desideroso di annettere il Regno di Sicilia all’impero, chiudendo in una morsa lo Stato Pontificio. L’elezione di Rinaldo faceva sperare in un atteggiamento fermo, in linea con la politica adottata da Gregorio IX, ma che nello stesso tempo non escludesse una riconciliazione con gli Svevi, dati i buoni rapporti mantenuti da Rinaldo con Federico e i suoi successori. Le relazioni del papa con Manfredi, figlio naturale di Federico II furono tuttavia subito tese, poiché A. gli negò qualsiasi riconoscimento; confermò l’investitura di Edmondo d’Inghilterra a re di Sicilia e lasciò nel regno a difendere i diritti della Chiesa il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, mentre lui si rifugiava ad Anagni. Ottaviano degli Ubaldini non riuscì ad arginare Manfredi, che, sparsa a regola d’arte la notizia della morte del nipote Corradino, si fece incoronare, l’11 ago. 1258, re di Sicilia, senza occuparsi del benestare del papa. Noncurante della scomunica papale (10 apr. 1259), valicò i confini del regno, coalizzando intorno a sé tutti i ghibellini dell’Italia centrale, e attaccò Firenze, roccaforte guelfa, gravemente battuta a Montaperti il 4 sett. 1260. Il papa inerme scomunicò nuovamente Manfredi con tutti i ghibellini che avevano militato con lui.
Anche a Roma la situazione era difficile. Nel 1252 era stato infatti nominato podestà il bolognese Brancaleone degli Andalò, contro cui era esploso nel nov. 1255 un forte malcontento. Il papa, ritornato a Roma almeno dal 21 novembre, non riuscì a placare la situazione e anzi, quando nel maggio 1257 Brancaleone fu eletto senatore senza limiti di tempo, fuggì a Viterbo. Solo alcuni anni più tardi, morto Brancaleone ed espulso lo zio Castellano nominato al suo posto, il papa insieme alla nobiltà romana potè dare un nuovo indirizzo alla carica senatoriale, nominando due senatori scelti fra i nobili. A. non fu sicuramente un grande politico, data la sua incapacità a prendere delle decisioni risolute e la sua tendenza a farsi trascinare dagli eventi; ulteriore conferma è il suo atteggiamento nella questione della successione imperiale, dopo la morte nel 1256 di Guglielmo d’Olanda, in cui non seppe esprimersi chiaramente per uno dei candidati all’impero. Più che per la sua attività politica A. deve essere ricordato per la sua attività religiosa. Difese l’ortodossia, appoggiando l’opera degli inquisitori e facendo condannare Gerardo di Borgo San Donnino, Guglielmo di Saint-Amour e molte tesi di Gioacchino Fiore, menzionate nel cosiddetto protocollo di Anagni. Cercò inoltre di eliminare alcuni abusi, che si erano introdotti nella Chiesa nei pontificati precedenti e fece un ultimo tentativo, seppure vano, con l’imperatore d’Oriente Teodoro II Lascaris per la riunione tra la Chiesa latina e quella greca. Caldo amico degli ordini religiosi, difese contro i chierici secolari i diritti dei frati Francescani e Domenicani, affinché potessero continuare a ricoprire le cattedre di teologia nell’Università di Parigi, assegnate ai tempi di Gregorio IX (bolla 14 apr. 1255) e al momento tenute da Tommaso d’Aquino e da Bonaventura di Bagnoregio. Completò la riunione dell’Ordine degli Eremitani di S. Agostino (bolla 9 apr. 1256), appoggiò i Frati Predicatori e i Frati Minori, assicurando la pace interna di quest’ultimo ordine con l’elezione di Bonaventura da Bagnoregio. Nel 1254 fece trasferire il corpo di s. Rosa nella chiesa del Monastero delle Clarisse dove si trova tuttora.
La sua permanenza a Viterbo fu l’occasione per ampliare e abbellire quel palazzo che poi divenne il Palazzo papale che fu terminato nel 1266 e l’anno successivo integrato dalla loggia. La presenza in città della Curia papale comportò l’avvio di costruzioni e l’ampliamento di alcune di quelle esistenti che in un ventennio fecero di Viterbo la seconda città dopo Roma.
Morì a Viterbo il 25 maggio 1261 nel pieno della sua attività e, dopo solenni funerali, fu sepolto in un angolo ignoto della chiesa di S. Lorenzo o delle immediate vicinanze. E’ da un decennio che un gruppo di studiosi animato dal dott. Alberto Gallardo Pichardo dell’Università di Siviglia, con la collaborazione di diversi istituti di ricerca europei, conduce ricerche nel sottosuolo del Colle del Duomo alla ricerca della localizzazione della tomba.
BIBL. – Raoul Manselli in DBI, 4, pp. 189-193; Andreotta 1962, pp. 63-126; Andreotta 1963, pp. 122-123; Raoul Manselli in Enc. dei papi, II, pp. 393-396 (con fonti e bibl.); Signorelli, I, pp. 226-238
[Scheda di Silvia Panti – Srst; integrazione di Luciano Osbat-Cersal