Belli – Famiglia (Viterbo, secc. XVII-XVIII)
Alla famiglia B., originaria di Bagnoregio, ma insediatasi a Viterbo alla fine del Seicento (diversa dalla omonima famiglia nobile viterbese oriunda di Farnese), appartennero bravissimi fonditori di campane. Valerio (nato a Bagnoregio), figlio di Bartolomeo, faceva il muratore e fu il primo a trasferire i B. a Viterbo; si sposò con Vittoria Simonetti ed ebbe otto figli. Uno di questi, Giovanni (Viterbo ca. 1682 – 1755), fu fonditore di campane e con lui iniziò una tradizione familiare nel campo della fusione continuata ininterrottamente dai suoi successori per oltre un secolo: «Molti campanili della regione viterbese diffondono ancor oggi i rintocchi ritmati dalle pregevoli campane prodotte dal maestro Giovanni» (Angeli).
Giovanni insediò la sua attrezzata officina nei locali che furono dell’antico ospedale di S. Leonardo, ormai da tempo abbandonati (ora in via di S. Antonio 51). La sua prima opera conosciuta è la campana piccola della chiesa parrocchiale di S. Maria Nuova, che il vescovo dell’epoca, Adriano Sermattei, battezzò scherzosamente «Scolastica» (8 maggio 1729). Fabbricò molte campane, decorate con artistici rilievi, di dimensioni grandi e piccole; tra esse la campana grande del campanile della chiesa della Visitazione (1740) e la piccola squilla nella chiesa rurale di S. Rocco a Montecalvello (1742). Sulle campane della chiesa viterbese di S. Angelo in Spatha, fuse nel 1743 e nel 1751, Giovanni appose, insieme al proprio nome, graziose iscrizioni in latino di valore apotropaico, secondo la tradizione campanaria risalente al Medioevo.
Delle campane fabbricate per la chiesa di S. Faustino rimane la ricevuta del 25 giugno 1749: Giovanni fu pagato con 46 scudi. Alla sua morte l’azienda fu continuata dai figli Francesco (n. 1713) e Valentino (1725-1802) e poi dal figlio di quest’ultimo, Luigi (ca. 1765-1849), che compare per la prima volta insieme al padre, nel 1798. Anch’egli fu artefice di valore, affrontando anche incarichi impegnativi come quello per la campana maggiore della cattedrale; le dimensioni del vaso bronzeo erano tali che Luigi dovette scalpellare gli stipiti della porta per farlo uscire dalla fonderia. Fu anche argentiere e fabbricò arredi sacri per la cattedrale. Suo cugino Baldassarre (1752-1835) fu a sua volta orefice e argentiere, con bottega attiva per oltre mezzo secolo; ebbe anche l’incarico di «bollatore» del Comune. Questa fu l’attività prevalente dei B. al tempo di Luigi, ultimo fonditore di campane della famiglia; in particolare suo fratello Vincenzo (1772-1841) ottenne la patente di «saggiatore» presso l’ufficio del Bollo di Viterbo (1815). Dei tre figli di Vincenzo, Antonio (1813-1865) erediterà l’incarico di saggiatore, Giuseppe (n. 1804) fu argentiere e Giovanni fu «ottonaro». I B. si estinsero in linea maschile in Raffaele (m. 1914), la cui figlia Ada sposò Cesare Polidori.
BIBL. – Angeli 1982; Carosi 1985-86, p. 91.
[Scheda di Orietta Sartori – Ibimus]