Cecchinelli (Checchinelli), Gaspare – Vescovo (Sarzana, 1587 – Montefiascone, 7 mar. 1666).
Nacque da Paolo e da Caterina Zacchia, sorella del cardinale Laudivio, precedente vescovo di Montefiascone e Corneto (oggi Tarquinia). Scarse sono le notizie sui suoi primi anni, ma si può arguire che, grazie alla parentela con lo Zacchia, entrò ben presto nella vita ecclesiastica. Lo zio cardinale, infatti, impegnato in varie legazioni e uffici curiali e impossibilitato a rispettare l’obbligo della residenza, gli aveva affidato l’ufficio di vicario generale nella diocesi e in tale veste emanò l’editto di convocazione del sinodo che fu celebrato a Montefiascone nel 1622 con la sua direzione anche se ebbe il titolo dello zio (Constitutiones illustrissimi et reverendissimi D.D. Laudivii Zacchiae episcopi Montisflasconis et Corneti editae…, Viterbij ex Typographia Augustini Discipuli 1623). Il 22 apr. 1630 subentrò allo Zacchia che aveva rinunziato al vescovato. Nello stesso anno eresse a Montefiascone una pia casa di donne, dette «della Penitenza», che il cardinale Barbarigo trasformerà poi in Congregazione del Divino Amore e diede avvio alla prima delle numerose visite pastorali che condusse sia nel territorio di Montefiascone che a Tarquinia.
Agli inizi del 1641 fu destinato alla nunziatura di Torino con l’incarico di mediare un accordo tra principisti e madamisti che ponesse termine alla guerra civile che sconvolgeva il ducato. In realtà non aveva nessun desiderio di quell’incarico, sia per l’eccessiva spesa che comportava che per la sua inclinazione a una vita tranquilla. Nelle sue lettere esprimeva senza mezzi termini il rincrescimento per aver dovuto abbandonare il suo calmo vescovato. Partito da Montefiascone il 27 ago. 1641, dopo una breve sosta giunse a Torino dove, con molta prudenza, prese a svolgere la sua missione contando sull’appoggio della Francia. Il 15 giugno 1642 potè finalmente annunziare a Roma che la pace era stata firmata. Nel 1643, pensando di avere portato a termine missione, chiese al cardinal Barberini di essere liberato dal «carcere» che per lui rappresentava Torino, ma alcuni imprevisti di carattere politico lo trattennero ancora in quella città. Finalmente, il 24 maggio 1644, riuscì a partire e a riprendere possesso del suo vescovato.
Proposto per il cardinalato, gli fu però preferito il Rondanini. Assai colto, fu autore di diversi trattati; Compendiaria moralis via qua (ethicae, oeconomicae, et politicae, non exiguo compendio, generalibus traditis preceptis) principum, ministri, patresfamilias, nec non viri universi facile ad felìcitatis iugum pervenire (Augustae Taurinorum, ex typographia Ioannis Iacobi Rustis, 1644); Relatio brevis sanctorum virorum Sarzanae aliorumque virorum orae Ligustice (s.a.); Viridarium politicum ex quo decerpuntur flores et fructus pro ministri regum (Augustae Taurinorum, ex typographia Ioannis Iacobi Rustis, 1650); Compendio della regola del padre san Benedetto per le monache del suo Ordine, con l’aggiunta di alcune ordinationi conciliari, e Costitutioni apostoliche, compilato da me Gasparo, vescovo di Montefiascone e Corneto, (Viterbo, per Mariano Diotallevi, 1645) per il Monastero di San Pietro di Montefiascone; Tenebre illuminate della lingua latina (Roma, Ignazio de’ Lazzari, 1664); nonché di una lettera inviata ai curati del Piemonte, e tendente a dimostrare l’illiceità del duello, edita a Torino nel 1642.
A Corneto il C. fu promotore di un vasto piano di ristrutturazione architettonica, che comportò la demolizione di antiche chiese (chiesa di S. Pietro e convento, S. Giovanni Crisostomo, S. Andrea) e l’erezione di nuovi edifici, nonché interventi quali la copertura con stucchi di tutte le chiese e la collocazione lungo le pareti laterali di S. Maria in Castello di alcuni altari. Consacrò la chiesa di S. Giuseppe (1635) e battezzò la campana grande di S. Croce ponendole i nomi di S. Bonaventura, S. Cecilia e S. Leonardo (1653). Intervenne personalmente con una somma considerevole per la riedificazione della cattedrale di Corneto, distrutta da un incendio nella notte tra il 7 e l’8 ago. 1642. Nel 1629 aveva concesso una casa di proprietà della Congregazione delle donne a Maddalena Piovana, terziaria dell’Ordine di sant’Agostino, affinché vi andasse ad abitare con otto giovani orfane e ne avesse cura.
Nel 1639 consacrò l’altare maggiore della chiesa di S. Maria di Castello a Corneto lasciando a ricordo un’iscrizione sulla tribuna. A lui si deve anche il completamento della facciata della cattedrale di S. Margherita (a Montefiascone), la realizzazione della cappella di Santa Margherita dove si vede il suo stemma, la realizzazione della cappella del coro per l’inverno (il piccolo ambiente sulla destra entrando in chiesa). Fu solerte pastore in occasione della grave pestilenza del 1657 e, in quell’occasione, donò 3000 scudi al comune di Montefiascone. Nel 1640 aveva convocato un primo sinodo a Montefiascone che non fu pubblicato e del quale rimane solo una esile traccia nelle carte dell’Archivio diocesano; il 6 maggio del 1659 tenne nella cattedrale di Corneto il sinodo diocesano (Synodus habita Corneti in Ecclesia Cathedrali Coram Illustrissimo et Reverendissimo Gaspare Episcopo sub die VI Mensis Maii MDCLIX, Viterbii, Apud Hieronymum Diotallevium, MDCLIX (del quale invece non rimane traccia nell’Archivio della Diocesi). Le sue “relationes ad limina” presentate alla Congregazione del Concilio regolarmente ogni triennio sono particolarmente accurate nella descrizione dei dati demografici per ogni parrocchia e nelle informazioni relative alla presenza di chiese, oratori, luoghi pii di ciascun paese.
Alla morte fu sepolto nella cattedrale di Montefiascone.
BIBL. e FONTI – Cedido, Archivio dell’antica diocesi di Montefiascone-Tarquinia, Serie “Visite pastorali”, Visite Cecchinelli, 1630-1631, 1634, 1638, 1645-1647, 1651, 1664. Ughelli, I, col. 989; De Angelis 1841, pp. 43, 48, 63-64; Gams, p. 706; Ceccarelli 1928-1933, pp. 91-92; HC, IV, p. 247; Luisa Bertoni in DBI, 23, pp. 270-271; De Cesaris 1984, p. 103; Balduini 1988, p. 49; De Cesaris 1988, p. 19; La chiesa 1989, p. 231; Tiberi 1989, p. 71; La basilica 1990, p. 35 e n. 22; Brunori 1993, p. 218.