Degli Effetti (degl’Effetti, de Effectibus) – Famiglia
Famiglia nobile, originaria della Sabina (de Affectis), presente in Rieti ed ivi cospicua per ricchezza e importanza (Spreti), ma nota soprattutto per il ramo stabilito nel XV secolo a Castelnuovo di Porto, dove assunse primaria importanza ed ebbe cappella gentilizia, intitolata al SS. Salvatore, nella collegiata di S. Maria. Secondo un’iscrizione da loro ivi collocata, la famiglia risalirebbe al X secolo e sarebbe stata resa illustre da Antonio (m. 1455), capitano nell’assedio di Belgrado. La cappella è decorata da un bel trittico di Antonio Aquili detto Antoniazzo Romano, datato 1501. La famiglia ebbe anche giuspatronato sulla chiesa rurale di S. Giovanni a Francalancia, da loro fondata nel 1516 (ivi il loro stemma) derivandone l’intitolazione da quella della basilica romana di S. Giovanni ante Portam Latinam, e in seguito altro giuspatronato sulla chiesa della Madonna della Virtù, da loro fondata nel 1672.
La chiesa rurale di S. Giovanni a Francalancia fu fatta costruire da Giovanni, canonico camerlengo della collegiata di Castelnuovo, insieme ai fratelli Andrea, Pietro e Silvestro; i lavori terminarono nel 1526 con la decorazione della chiesa. Probabilmente Giovanni fu il committente della cappella gentilizia nella collegiata e del citato trittico di Antoniazzo Romano, che in seguito sarà creduto opera del Perugino; sicuramente fece costruire il campanile della collegiata. Morì nel 1530 e fu sepolto con iscrizione nella cappella gentilizia.
Tra i membri della famiglia vanno pure ricordati un Alessandro, che per ordine del tesoriere di Gregorio XIII provvide all’armamento di Castelnuovo (1581), un Sinius figlio di Scipione, che fu a capo delle milizie pretoriane (1590) e che fu inviato dapprima nelle Fiandre, poi in Ungheria a capo dei soldati di Castelnuovo, ivi morendo in battaglia contro gli Ottomani (1596), un Silvestro, dottore in teologia, arciprete della collegiata di Castelnuovo e vicario generale della diocesi di Porto, morto nel 1599 e sepolto nella cappella di famiglia. Ivi furono pure sepolti nel 1616 Evangelista, notaio camerale in Castelnuovo (1601-1608) ed ivi canonico della collegiata, che fu al servizio del cardinal Prospero Santacroce, nel 1624 l’abate Alessandro, che fu consigliere del viceré di Napoli e ivi ufficiale della Vicaria, nel 1631 il prelato Giovanni.
Quest’ultimo, nato a Castelnuovo verso il 1570, fu studioso di matematica e di astrologia; fu poi maggiordomo di Maria de’ Medici regina di Francia; nel 1603, al seguito del duca di Sully ambasciatore francese alla corte di Londra, comunicò a papa Clemente VIII importanti notizie sulla politica religiosa del nuovo re d’Inghilterra Giacomo I; fu apprezzato per le nozioni scientifiche da Enrico IV di Francia, che lo nominò bombardiere; morto quel re nel 1610, divenne coppiere del nuovo re Luigi XIII. Tornò poi alla corte papale, dove fu scalco e cameriere segreto di papa Urbano VIII, che nel 1625 gli assegnò un canonicato nella basilica di S. Pietro. A Castelnuovo beneficò la collegiata, fondandovi un altare privilegiato per i defunti, dotandolo di reliquie e suppellettili d’oro e assegnandogli un censo annuo; fece restaurare e decorare la chiesa rurale di famiglia di S. Giovanni a Francalancia (1625), cui per testamento assegnò un censo di 200 scudi annui; morì a Roma il 3 sett. 1631 nel palazzo del Quirinale, dov’era al servizio del papa, ma la salma fu portata a Castelnuovo ed ivi inumata nella cappella di famiglia, dove per sua volontà testamentaria il vescovo di Nepi e Sutri pose un’iscrizione commemorativa.
Suo fratello Scipione ebbe dalla Camera Apostolica l’appalto per le entrate di Castelnuovo (1619), rinnovato con chirografo papale nel 1627; morì a Roma in via Rasella l’11 gen. 1630, lasciando numerosa prole avuta dalla moglie Vincenza de Rovante. Il più notevole tra i figli fu Antonio, nato verso il 1615 e laureato in filosofia al Collegio Romano nel 1637; ebbe la protezione del cardinal Francesco Barberini, cui aveva dedicato la propria tesi di laurea. Fu un amatore d’arte e d’antichità, con una collezione non trascurabile, costituita soprattutto di quadri di piccole dimensioni, di autori come Pietro da Cortona e Carlo Maratti, ma soprattutto di minori oltre che di diversi fiamminghi; accanto ai quadri, miniature, gemme e oggetti rari. Come ha illustrato Francis Haskell, il tema dei dipinti era in prevalenza la ricchezza, con i suoi effetti morali; Antonio fin da giovane era rimasto colpito da un dialogo greco, intitolato Pinax e all’epoca creduto di un allievo di Socrate (in realtà del I secolo d. C.), tradotto e commentato da uno dei maggiori intellettuali della cerchia barberiniana, Agostino Mascardi. Da questa allegoria della vita umana, illustrata all’ingresso della sua galleria, traeva motivo per il tema della ricchezza, da molti vissuta in modo triste e immorale. Della collezione, ben presto dispersa, lasciò un inventario e una descrizione ricordati nella Nota dei musei del Bellori, oggi in un manoscritto della Biblioteca Casanatense.
Visse a Roma nella casa di via Rasella presso palazzo Barberini e fu proprietario di una vigna nella località detta «il Colle Rosato» fuori Porta Portese, ma rimase legatissimo alla terra d’origine: per l’anno santo 1650 fece decorare la chiesa rurale di S. Giovanni a Francalancia, ponendovi un’iscrizione commemorativa; nel 1665 compì la decorazione marmorea della cappella di famiglia nella collegiata di Castelnuovo; pochi anni dopo vi fece costruire una nuova chiesa, al fine di collocarvi un’immagine venerata dal popolo: si tratta della Madonna della Virtù, nell’attuale via Roma, rimasta di patronato dei Degli Effetti (bolla del 3 apr. 1677 del cardinal Ulderico Carpegna); la prima pietra fu posta il 6 die. 1672, la consacrazione avvenne il 12 maggio 1674, dopo che Antonio aveva deposto sotto l’altare le reliquie di Giovanni soldato e martire, rinvenute nel cimitero romano di Priscilla e concessegli da Clemente X. Nel 1675 scrisse la relazione Roma giubilante (Roma, nella stamperia di Angelo Bernabò, 1675: ed. adespota, ma attribuitagli in base a una nota manoscritta del tempo) per la festa della Resurrezione tenuta il 25 aprile in S. Giacomo degli Spagnoli. Negli ultimi anni di vita progettò di ampliare la collegiata di Castelnuovo, sottopose i disegni del piano al papa e ne ottenne l’approvazione, ma il progetto rimase ineseguito per la sua morte. Le ricerche antiquarie ed erudite di Antonio avevano però fruttato un’opera d’interesse storico, le Memorie di s. Nonnoso abbate del Soratte e de luoghi convicini, e loro pertinenze, e Libro primo de Borghi di Roma (Roma, per Nicolò Angelo Tinassi, 1675), da lui dedicate al cardinal camerlengo Paluzzo Altieri abate del Soratte; l’opera, definita «discorso», appare di qualche rilievo per le vicende dei rapporti tra la città di Roma e il territorio della via Flaminia, per la storia del Soratte, per le osservazioni sullo stato delle campagne, sulla necessità di bonifiche, sull’argomento allora molto dibattuto della possibilità di navigare il Tevere tra Perugia e Roma. Il volume contiene tre sonetti dell’autore. Antonio morì nella sua casa romana il 10 marzo 1686.
Va infine ricordato un altro Giovanni, anch’egli legato a Casa Barberini, che fu prelato e vescovo. Nato il 9 feb. 1660 e laureato in legge alla Sapienza il 17 ag. 1678, fin dal 1685 fu abbreviatore «di parco maggiore», dal 1687 referendario di Segnatura e per più anni magister supplicationum. Fu poi inviato come governatore nel 1694 a Terni e due anni dopo a Benevento. Il 16 marzo 1701 fu nominato vescovo di Melfi, ma non aveva dimenticato la terra d’origine: fece condurre nuovi restauri nella chiesa di famiglia di S. Giovanni a Francalancia, riconsacrandola su incarico del cardinal Acciaioli vescovo di Porto (6 maggio 1702, iscrizione ivi). Morì a Melfi nel 1612. Dei successivi membri della famiglia una Costanza Ermenegilda fu monaca clarissa del monastero romano di S. Silvestro in Capite, dove fece costruire il nuovo parlatorio, e un Silvestro fu sindaco di Castelnuovo nel 1785. Nel 1840 il giuspatronato sulla Madonna della Virtù fu ceduto a Giuseppe Pagnani.
BIBL: e FONTI – AVR, Parr. dei SS. Vincenzo e Anastasio in Trevi, Morti, I (a), ad dies 11.1.1630, 21.9.1648, II, ad dies 29.9.1656, 10.3.1686. Bibl. Cas., ms. 2372; Sommervogel, VII, col. 51; Tomassetti, III, pp. 292-293, VI, p. 327; Pastor, XI, p. 348; Spreti, III, p. 18; HC, V, p. 265; AIS, n. 4576; Haskell 1985, pp. 250-251; Panepuccia – Clementi 1990, pp. 48, 56, 58,65-68,149, 150, 157, 159,161, 162; Weber 1994, pp. 143, 396, 617; Fagiolo dell’Arco 1997, pp. 500, 596.