Cordelli – Famiglia (Viterbo, secc. XV-XX)
Famiglia nobile di Viterbo, ancora fiorente, il cui ramo principale era originario di Corneto (oggi Tarquinia), ascritta all’Albo del patriziato della città nel 1460 e il cui patronimico antico sarebbe stato Cordella, forma con cui esso è perdurato presso il ramo trasferitosi a Fermo; da quest’ultimo provenne Martino, che fu vescovo di Bagnorea (oggi Bagnoregio) nel 1789. Proprietari fondiari e signori di Petrignano (dal 1536 al 1641), di cui ultimo signore fu Domenico (m. 1641), sono documentati a partire dalla metà del sec. XV con il capostipite Giovanni e quindi con il figlio di questi, Giovanni Battista (m. 23 ott. 1461), arciprete (14451461) e commissario straordinario della fabbrica della cattedrale di S. Lorenzo, che ampliò a proprie spese la canonica e promosse il restauro degli impianti termali di epoca romana detti «del Naviso».
Nei secoli successivi i C. ebbero membri illustri dediti alle arti; tra di essi si distinsero in particolare, tra la seconda metà del sec. XVI e gli inizi del sec. XVII, i pittori Giovan Giacomo, Carlo (v.) e il figlio Giacomo (v.). Artista fu anche Carlo Felice (n. ca. 1630), nato da Giacomo e da Faustina Tasconi, ricordato in quanto autore di una pregevole tela raffigurante Santa Rita (1649) e del dipinto di grandi dimensioni Maria di Cleofa, la Maddalena e san Giovanni presso la Croce (1661), conservato presso palazzo Chigi di Viterbo. Domiciliato nel 1661 nella parrocchia di S. Sisto, si trasferì in seguito a Roma, dove probabilmente morì.
La famiglia C. possedeva in Viterbo vari immobili, tra cui la residenza principale sita in S. Croce e altre abitazioni ubicate in piazza S. Nicolò delle Vascelle e nella parrocchia di S. Lorenzo, e aveva sepoltura nelle chiese di S. Francesco e di S. Maria in Gradi.
Arme: troncato da una fascia di rosso carica di una corda ondulata di argento: nel 1° d’azzurro al leone al naturale nascente dalla fascia; nel 2° d’argento alla fiamma di rosso divisa in tre spire.
BIBL. – Silvestrelli, p. 723; Signorelli 1968, pp. 126-128, 191; Fagliari Zeni Buchicchio 1984, pp. 57-58, n. 22 p. 58; Angeli 2003, pp. 167-174, 680-684.
[Scheda di Marina Bucchi – Ibimus]