Chiesa di San Marco Evangelista [Viterbo, Piazza Verdi]

La chiesa di S. Marco è citata già nel 1191, anno in cui è enumerata tra le filiali dell’Abbazia di S. Salvatore al Monte Amiata. Viene consacrata nel 1198 da papa Innocenzo III, ed è elencata tra le chiese minori della città ancora nel 1236.

La contrada di S. Marco -che intorno all’XI secolo si estendeva fin oltre la Porta di Sonsa- già nei primi anni del XIII secolo risulta abitata da pecorai e da bifolchi, e la chiesa ne è il centro sociale e religioso. Il rione e le campagne circostanti, nella festività di s. Marco (25 aprile), sono percorse dalle rogazioni e processioni propiziatorie per auspicare buoni raccolti durante l’anno.

La contrada -che con la riforma urbanistica del 1251 viene inclusa nella Porta di S. Matteo- vede i pecorai e i bifolchi, sempre più presenti ed attivi tanto che, nel 1492, costituiscono una propria Arte. Nel 1511 la corporazione ha una convenzione con la chiesa di S. Maria Nuova ma già nel 1526 la si trova adunata in S. Marco.

Gli impulsi favorevoli portati dalle Arti si fanno presto sentire e portano, nel 1520, ad un sostanzioso restauro della chiesa. Alla fine del secolo inoltre, al preposto di S. Marco, si dice appartenere anche la chiesa di S. Maria delle Rose gestita dall’Arte degli Osti. Queste associazioni corrispondono ancora per tutto il XVI secolo, a S. Marco rendite e profitti annui in occasione delle principali ricorrenze e della festività dell’Evangelista. L’agiato stato economico consente alla chiesa di crescere e diventare parrocchia.

È a questi anni che risalgono la maggior parte delle opere d’arte che abbelliscono la chiesa: La Madonna col Bambino tra s. Marco e s. Bernardo abate, il Gesù Cristo benedicente tra s. Pietro e s. Paolo e il disegno di una testa femminile di Giovan Francesco d’Avanzarano detto il Fantastico, la Madonna col Bambino e angeli di ambiente viterbese, il San Marco di Francesco d’Antonio Zacchi detto il Balletta.

La chiesa resterà di proprietà del monastero del Monte Amiata fino al 1653 quando, anche su di lei, si faranno sentire le conseguenze della cosiddetta “Soppressione innocenziana”. La riforma -voluta da papa Innocenzo X Pamphili- sopprime i conventi con scarse rendite e con meno di quattro sacerdoti e due laici residenti. S. Marco però, pur avendo il solo rettore, subisce gli effetti giuridici della bolla relativamente alla sola nomina del rettore. Da tempo infatti la chiesa è una parrocchia come tutte le altre e con i medesimi obblighi e ciò la risparmia dalla soppressione lasciando però all’abate di S. Salvatore al Monte Amiata il diritto di nominare il parroco.

S. Marco resta in possesso del Monastero amiatino fino al 1782 quando -per volontà di Pietro Leopoldo, granduca di Toscana- l’Abbazia viene soppressa e S. Marco passa sotto l’amministrazione del clero viterbese. Resterà parrocchia fino al 1829, quando la cura delle anime del territorio di sua competenza sarà temporaneamente divisa tra le vicine parrocchie di S. Maria in Poggio e S. Luca, per tornare poi in S. Marco. Oggi è affidata ai padri Minori Conventuali di S. Francesco alla Rocca.

Al secolo scorso risalgono diversi interventi di restauro, il primo dei quali avviato intorno al 1908, il secondo realizzato a seguito dei bombardamenti del 1944 ed un ultimo intervento terminato intorno al 1960; i restauri restituiscono alla chiesa l’aspetto che ancora oggi possiamo ammirare.

Bibl. e Fonti – G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, vol. I, Viterbo, 1907, p. 140; G. Signorelli, Le chiese di Viterbo, Ms, p. 88v.; A. Carosi, Il Monastero di S. Salvatore al Monte Amiata e le sue chiese in Viterbo: S. Giovanni in Sonsa, S. Maria Maddalena, S. Marco, S. Maria delle Rose, in VIII centenario consacrazione chiesa di San Marco, p. 17.

[Scheda di Elisa Angelone – Cersal]