Pocci – Famiglia (Tuscania, secc. XV-XX)

Antica famiglia fiorita a Tuscania nei secc. XV-XVII e a Viterbo nei secc. XVII-XX. Fu presente anche a Roma, dove il nobilis et egregius vir Marco di Benedetto figura come civis Romanus in un atto notarile del 24 gen. 1437. In questo, che è il più antico documento riguardan­te i P., Marco ha il titolo di comes palatinus e figu­ra residente nel rione Pigna. A Roma i P. ebbero se­polcro in S. Maria in Via. A Tuscania fecero parte del patriziato cittadino, avendo per due secoli cari­che pubbliche (gonfaloniere del popolo, depositario della Comunità); alcuni furono militari, mentre Ce­sare (n. 1643) fu l’unico, dopo essersi laureato in legge, ad abbracciare la carriera ecclesiastica, dive­nendo primicerio della cattedrale e protonotario apostolico (1691), nonché vicario del vescovo Ur­bano Sacchetti. Da Tuscania si trasferì a Capodi­monte il ricco Marco (1630-1699), morto senza prole e sepolto con iscrizione onorifica nella chiesa parrocchiale dell’Assunta di quella cittadina.

Il fra­tello maggiore di Marco, Bernardino (n. 1621), sembra il primo membro della famiglia ad aver avu­to una presenza significativa a Viterbo, dove nel 1648, in società con altri, assumeva l’appalto dei forni cittadini. Abitò in parrocchia di S. Giovanni in Zoccoli. La linea viterbese fu proseguita dal figlio Francesco (1654-1726), capitano, e dai suoi di­scendenti; Francesco conobbe suor Lilia del Croci­fisso e stabilì di partecipare alla costruzione dal mo­nastero dell’Assunta, voluto dalla pia donna, finan­ziando i lavori di un nuovo braccio; la sua morte va­nificò il progetto. Esso fu però ripreso dal nipote Pier Giovanni (1725-1745) che, guarito da grave malattia, nel 1739 diede incarico di realizzare il pro­getto all’architetto ticinese Giuseppe Prada; l’am­pliamento del monastero è ivi ricordato da un’iscrizione. Lo stesso Prada progettò il bel palazzo di famiglia in contrada San Luca, terminato nel 1736. L’accresciuto prestigio della famiglia trovò confer­ma nell’aggregazione alla nobiltà viterbese, delibe­rata dal Consiglio Generale della Comunità il 27 dic. 1754. Così Francesco (1744-1768), figlio di Pier Giovanni, ottenne nel 1766 la carica di conservato­re del Comune.

Alla sua morte lasciò due figli ma­schi, Pier Giovanni (1765-1818) e Fabrizio (n. 1766), che la madre Margherita Cadetti mandò a Monaco come paggi alla corte di Carlo Teodoro elettore di Baviera. La famiglia ebbe così una dop­pia discendenza, viterbese e bavarese. Infatti Fabri­zio restò a Monaco e dalle sue nozze con la nobildonna Francesca Saveria Posch derivò il ramo dei Graf von Pocci, reso illustre dal figlio Franz (1807­1876), ben noto compositore, poeta e disegnatore, personaggio di spicco nella capitale bavarese dove fu Hofmusikintendant nell’età di Luigi II e di Wa­gner.

Ma la linea bavarese, proprietaria del castello di Ammerland presso Starnberg, si estinse dopo due generazioni. Invece Pier Giovanni, dopo essere sta­to colonnello dell’elettore e ciambellano di corte, tornò a stabilirsi a Viterbo, dove fu maire della città nel periodo napoleonico (1813) e soprintendente delle dogane dopo la Restaurazione pontificia (1817). Poiché fin dal 1792 Fabrizio gli aveva do­nato la sua quota dei beni di famiglia, l’asse genti­lizio e patrimoniale dei P. viterbesi rimase unitario, giungendo fino a oggi, ma l’impulso dato dapprima da Margherita Carletti – che apparteneva a una im­portante famiglia comitale di Montepulciano e fu dama dell’imperatrice Maria Teresa (1779) – e so­prattutto i rapporti con la Baviera diedero da allora ai P. un respiro superiore rispetto ad altre famiglie di notabili provinciali.

Personalità di rilievo fu il pri­mogenito di Pier Giovanni, Cesare (v.), mentre il se­condogenito Mariotto (1813-1881) sposò Marian­na Sanguigni di Terracina, ultima erede di una stir­pe ben nota nel Medioevo romano; da un figlio ca­detto di queste nozze, Gaetano, discendono i tutto­ra fiorenti Pocci Sanguigni. La linea primogenita dei conti P. ha avuto il membro di maggior spicco in Enrico (1875-1952), avvocato, consigliere provin­ciale di Roma e podestà di Tuscania, dove gli è in­testata una piazza. Il figlio Filippo (1912-1991) è stato prelato, vescovo titolare di Gerico e canonico della Basilica Vaticana. Nei secc. XIX-XX i P., che fin dal tardo Settecento avevano assunto il titolo di con­ti, si sono imparentati con importanti casate nobi­liari (Gualtieri, Colacicchi, Della Posta, Del Gallo, Borromeo, Faina, Taverna). Nel 1926 ai P. è stato ufficialmente riconosciuto il diritto al titolo comita­le e l’appartenenza alla nobiltà di Roma (dove Pier Giovanni e Fabrizio erano stati ascritti alla nobiltà di Campidoglio il 19 nov. 1780), Tuscania e Viterbo.

Il bel palazzo settecentesco di famiglia, divenuto sede della Biblioteca Comunale degli Ardenti, è stato di­strutto durante la seconda guerra mondiale; ne resta il disegno del prospetto dell’architetto Prada (pub­blicato in Angeli, p. 405), dalle eleganti linee roco­cò.

Arme: di rosso al capo d’azzurro, alla colonna d’argento sostenente un crescente dello stesso da cui muovono tre spighe d’oro, attraversante sul tutto.

BIBL.- Angeli 2003, pp. 404-407, 807-809 (con completo albero genealogico). Inoltre: Marocco, XIV, p. 52; Amayden, II, pp. 149-150, 186; Signorelli 1968, pp. 150-153; DEUMM, VI, p. 55.

[Scheda di Saverio Franchi – Ibimus]