Chiesa cattedrale di S. Lorenzo

La chiesa di San Lorenzo, la più antica chiesa eretta a Viterbo e dedicata al Santo Martire, si vuole sorta sulle rovine di un tempio d’Ercole. Nelle fonti del IX secolo la chiesa è ancora citata come pieve o chiesa battesimale con addetto un Arciprete, ma già insufficiente a contenere la pia popolazione che vi si addensa nelle sacre funzioni[1]. La sua importanza cresce sempre più insieme a quella della città che, intorno al 1167, riceve dall’imperatore Federico I il vessillo imperiale, mentre S. Lorenzo, nel 1192, diviene cattedrale. Ad essa si cominciano a dedicare maggiori attenzioni, i pontefici – che dal 1261 risiedono a Viterbo. Le visite dei sovrani e i convegni dei luminari della Chiesa danno alla città e alla cattedrale l’importanza che merita ma non fermano le turbolenze che, in questi anni, vedono schierate le più importanti famiglie viterbesi[2]. La cattedrale – nonostante le lotte politiche – si arricchisce, la fabbriceria è posta sotto la tutela del Comune, i vescovi espongono alla venerazione dei devoti le tante reliquie presenti nella chiesa. Il sinodo indetto dal vescovo Angelo nel 1323, quello di poco successivo convocato a Montalto dal vescovo Niccolò (1356) e l’elevazione di Montefiascone a sede vescovile (voluta da papa Urbano V nel 1369), risolvono i contrasti con le Diocesi vicine ma vedono San Lorenzo – collocata nell’antico castello ormai in gran parte disabitato – quasi abbandonata[3]. Come spesso accade a segnare la rinascita della città e della chiesa è un miracolo, quello del SS.mo Salvatore avvenuto nel 1442. Gli interventi sul Colle voluti dal vescovo Francesco Maria dei Settala (1472-1491), la risistemazione delle chiese fatiscenti promossa nel 1524 il card. Egidio da Viterbo non basta a calmare la confusione creata dai contrasti tra i Gatti e i Colonna, dalle soldatesche di passaggio a Viterbo, dai soprusi e dai delitti che si commettono in città. Le guerre, le ribellioni, gli eventi climatici, le decime, le contribuzioni straordinarie di cui erano gravati il clero ed il popolo indeboliscono notevolmente l’economia viterbese[4], ma l’opera diplomatica del vescovo Sebastiano Gualterio (eletto nel 1551)[5], le decisioni di Francesco Gambara (1566), di Carlo Montilio (1576), di Girolamo Matteucci (1597) e di Tiberio Muti (1622) risolleveranno le sorti della cattedrale[6]. Negli anni successivi il Comune interviene nella costruzione della cappella dei Santi Valentino e Ilario (1705), il vescovo Sermattei (1726) e papa Clemente XIII (1762) concedono alla cattedrale donazioni e privilegi, il card. Muzio Gallo fa costruire la Sacrestia (1793)[7].  La riorganizzazione territoriale che caratterizzerà la prima metà dell’Ottocento[8] porterà, nel 1986, S. Lorenzo a divenire la cattedrale della nuova Diocesi che comprenderà le antiche sedi di Tuscania, Acquapendente, Bagnoregio e Montefiascone.

L’aspetto esterno ed interno della cattedrale di S. Lorenzo rispecchia le vicende storiche che l’hanno coinvolta: molte delle cappelle in origine esistenti sono state chiuse tra la fine del XIX secolo e la Seconda Guerra mondiale, la Diocesi di Viterbo sta, gradualmente, risistemando e riaprendo al culto le cappelle chiuse, le visite pastorali e gli studi di storici locali aiutano a ricostruire l’antica immagine della chiesa.

Nella navata destra:

La Cappella della Madonna o del Salvatore (o di S. Caterina). È posta fuori dal perimetro vero e proprio della chiesa. Un Altare del SS. Salvatore è già presente in cattedrale nel 1442, fatto costruire dall’arciprete Battista Cordelli. Nel 1457 è citata una Cappella dell’Annunziata di cui è patrona l’Arte dei Mercanti[9], vi è anche inserito lo stemma della corporazione. Solo nel 1584 si ha notizia di una Cappella di santa Caterina[10]. E’ decorata con affreschi raffiguranti la Vergine in trono col Bambino, nel sottarco san Francesco e san Bernardino, al centro della composizione lo Sposalizio mistico di s. Caterinasopra la porta della cappella era conservata la Colonna del Salvatore.

La Cappella di S. Francesco Saverio fatta edificare nel 1462 da Antonio di Macone, fu poi di giuspatronato del Capitolo e dell’Arte degli Speziali[11]. La cappella è citata nelle Memorie Cordelli in data 14 novembre 1474, infatti si afferma che fu costruita e dotata da “Madonna Antonia di Macone di Viterbo con volontà di Nicola di Mariano et Domenico di Maroccho rectori dell’Arte delli spitiali e patroni di d(etta) cappella”. Nominata nel 1510 e ancora nel 1584, nel 1597 si ritrova nella visita del vescovo Matteucci vi è appeso un quadro del Crocifisso su tela del 1622[12]. È un vano oggi chiuso al culto. Sulla parete destra è addossato un grande altare barocco, sulla parete corta di sinistra è addossato il monumento marmoreo di papa Giovanni XXI.

La Cappella di S. Carlo Borromeo nella quale è una lapide in caratteri gotico-monastici, che ricorda le indulgenze concesse alla chiesa da dal papa Nicola V (1288-1292) nel 1289[13]. È menzionata nel 1376. Sull’architrave della porta è scritto Reliquiae sanctorum, è una stanzetta che Giovani Mazzaroni così descrive: “Il piccolo uscio dorato – a destra, nella Cappella dei Santi martiri Valentino e Ilario – apre una cameretta lunga e oscura che sembra fatta a bella posta per acuire e poi deludere il desiderio del visitatore. Desiderio di poter ammirare quel famoso ‘tesoro di S. Lorenzo’, notato da qualche compilatore di Guida, forse esagerato. Su le rozze impalcature che corrono lungo le pareti del corridoio, sono disposti – forse un po’ alla rinfusa – numerosi reliquiari. I più a forma di busti o di braccia; tutti di un valore venale scarso e di un pregio artistico modesto. Il metallo adoperato è infatti l’argento, molto economicamente stirato in sfoglie”[14]. La cappella di S. Carlo Borromeo oggi è chiusa la culto, i reliquiari oggi sono conservati al Museo Colle del Duomo, il più conosciuto è il Reliquiario di S. Lorenzo.

La Cappella dei SS. Valentino e Ilario (già del Sacramento). Ilario e Valentino erano i protettori della città, per questo sul piancito ed ai fianchi dell’altare si vede lo stemma comunale[15]. Memorie della cappella dedicata ai martiri, eretta dal vescovo Pietro, si hanno già nel 1305. Allo stesso anno fa riferimento un legato concesso da Visconte Gatti. Mentre nel 1309 Giacomo di Verardo lascia un codice per il sevizio dell’altare dei martiri ed un monile. Nel 1323 il notaio Vito di Bartolomeo dota la cappella, e nel 1324 il canonico Giovanni fu Nicola lascia alcuni beni. Col titolo di Cappella del Sacramento si trova ricostruita dal cardinal Francesco Maria Sèttala, vescovo della città dal 1472 al 1491. Si dice “ornata e pulcra”, vi furono impiegati i lasciti di Bartolomeo di Pietro Ballanti da Siena. Era di giuspatronato dell’Arte degli Speziali nel 1535, poi della Confraternita del Sacramento che la officiò. Il 9 dicembre 1580 papa Gregorio XIII Buoncompagni, rese privilegiato l’Altare[16]. Una piccola epigrafe, datata 1622, ricorda i privilegi concessi dal papa all’altare. E’ probabilmente a questo periodo che risalgono i due affreschi dei santi Ilario e Valentino. Nel 1696 il Comune di Viterbo volle partecipare alla realizzazione della nuova cappella dedicata ai santi Ilario e Valentino e deliberò la spesa di mille scudi e ne aggiunse altrettanti nel 1699. La balaustra fu eseguita nel 1703 da Domenico Duranti che realizzò anche il ciborio. Mentre i lavori della cappella furono compiuti tra il 1703 e il 1713 dall’architetto romano Giovan Battista Contini che realizzò il disegno coadiuvato dagli scalpellini Agostino e Giovanni Battista Pieruzzi, capomastri muratore fu Carlo Antonio tedeschi. L’altare in marmo fu eseguito da Giacomo Antonio Ferrari. I pennacchi furono dipinti da Giovanni Maria Mari. La cappella può dirsi compiuta nel 1724[17]. In quell’anno furono traslate nella cappella le reliquie dei due santi, che dal vescovo Gambara erano state collocate nella prima cappella a destra. La cappella fu ancora restaurata nel 1862 per volontà del card. Bedini e poi ancora nel 1880[18]. Nella cappella era collocato il prezioso tabernacolo del XVII secolo, ed il dipinto del Salvator Mundi, oggi nella parete della navata sinistra.

La cappella di S. Filippo Neri. Una cappella e un  altare col titolo di S. Filippo Neri è citata nel 1699 eretta dove era l’Altare di san Tranquillino ritenuto negletto dal vescovo Brancaccio con le pitture corrose dall’umidità. L’Altare è nominato verso il 1605 e nel 1626 si dice che il corpo di san Tranquillino è ivi inumato[19]. dalla cappella di san Filippo neri proviene il dipinto della Vergine col Bambino e il cardellino.

La cappella di Maria SS.ma e dei SS. Giovanni battista ed evangelista (dove era una delle absidi minori). Di una cappella di S. Giovanni evangelista si trova menzione nel 1344 detta di M. Giovanni d’Ancona. Nel 1436 viene istituita la cappella di Maria SS.ma e dei santi Giovanni battista ed evangelista, detta di ser Giovannino da Giovanni di Americo Canusio di Padova[20] e chiamata perciò Ser Giovannino[21]. È più volte citata con il titolo di san Giovanni battista, san Giovanni evangelista, Maria SS.ma e i santi Giovanni battista ed evangelista, sant’Agnese o san Giovanni battista [M. Galeotti, p. 583]. Col titolo della Natività di S. Giovanni Battista si dice istituita da Onofrio di Tuccio Fajani alla cui famiglia spettava il giuspatronato[22] e sita dietro al pulpito. L’altare dedicato al Precursore di Cristo fu riconsacrato nel 1497[23]. Vi era collocato il dipinto affigurante la Decollazione del Battista oggi dietro il fonte battesimale.

La navata centrale. Nel 1490 il vescovo Sèttala fece demolire il vecchio Coro ed il presbiterio per ampliare o spazio della navata centrale ed anche il vescovo Gualterio, nel 1560, apportò modifiche all’abside maggiore per realizzare una tribuna per i canonici. L’altare maggiore vecchio, che si trova nel Cappellone, è nominato nel 1622 sub baldacchino in pietra e, ai tempi del vescovo Brancaccio, nella metà del Seicento, presentava un enorme tabernacolo in legno dorato. Nel 1646 si dice con mura laterali e decorato dal vescovo Gambara. Sarà il card. Urbano Sacchetti (1683-1699) a far trasferire l’altare maggiore sulla parete di fondo. Sarà il card. Pianetti, nel 1857, a rifare l’altare maggiore[24]. L’altare è decorato dalla pala  raffigurante San Lorenzo in estasi, nel catino absidale è affrescato Cristo in gloria tra angeli e santi, un imponente Coro occupa l’intera abside.

Nella navata di sinistra:

Altare di S. Protogenio Nella navata di sinistra è l’altare dei SS. Protogenio e compagni nell’abside minore le cui reliquie si trovano nel 1474 (Iuzzo, p. 5 – Bussi, p. 23 e 279). L’altare è nominato nel 1261 allorquando si dice che, nelle vicinanze, vi fu sepolto Alessandro IV dei conti di Segni (1254-1261). Nel 1523 venne concesso un legato “in ornamento B. Virginis in Capp. S. Protogenii”. Poi, Ottaviano Spiriti lasciò, nel 1553, una somma per acquistare “olio da ardere dì e notte” in onore della Madonna posta sull’Altare. La Cappella è nominata il 19 febbraio 1597 nella sacra visita del vescovo Matteucci, nel 1622 è detta con effige della Madonna dipinta sulla parete ed altare in pietra. Nel 1626 si conferma che il corpo di san Protogenio e compagni erano ivi sepolti. Nel 1636 è di giuspatronato dell’arte dei Calzolai[25].

La cappella dei SS. Pietro e Paolo. La Cappella dei santi Pietro e Paolo, forse, in passato era collocata in altro luogo. Una cappella di san Paolo si trova nominata nel 1348 e, nel 1389 un’altra intitolata ai santi Pietro e Paolo è ubicata presso l’ingresso a destra ed è ricordata nel 1386 e ancora nel 1417. Nel 1440 papa Eugenio IV Condulmer, unisce la cappella di san Paolo alla fabbriceria di san Lorenzo. Nel 1473 è nominata ancora san Pietro e Paolo e, nel 1487, vi è una cappella di san Pietro presso l’hortium. Nel 1564 viene unita a quella di san Bartolomeo ed è poi nominata ancora dei santi Pietro e Paolo nel 1584. In quello stesso anno è nominata una cappella della Concezione appartenente all’arcidiacono Felice Tignosini che la istituì nel 1588. Quest’ultimo lasciò cento scudi “in ornata et fulci mentis Capp. Conceptionis ubi ad present est Capp. s. Petri et Pauli, in qua adest sepultura ipsius et eius familiae”. Mentre nella visita vescovile del 1622 la cappella dei santi Pietro e Paolo è descritta con immagine della Madonna e altri santi, di recente costruzione “prope portam magnam” a sinistra dell’altare maggiore[26]. nella parete della cappella è collocato un prezioso Tabernacolo per l’Olio Santo

La cappella della Madonna (o dei santi Giacomo e Cristoforo). Nel Camerlengato del 1473 si registra la cappella dei SS. Giacomo e Cristoforo[27]. Verso il 1564 viene unita ad essa la cappella di S. Caterina. Nel 1584 si trova un’altra cappella dedicata a san Giacomo di Domenico Casali. Nella visita del 1622 è detta di san Giacomo con quadro dei santi Giacomo, Andrea e Cristoforo, posta a destra dell’Altare maggiore. Nel 1650 è citata ancora col nome di Cappella della Madonna, mentre risale al 1659 la costruzione di una cappella dedicata a San Giacomo da Bernardino Carcarella[28]. Nominata ancora nel 1705, nel 1872 e nel 1887 vi erano conservate alcune epigrafi[29]. Sull’altare è la pala raffigurante la Vergine col Bambino tra san Giuseppe e san Bernardino da Siena.

La cappella di S. Lucia (o del Coro) Una cappella dedicata a santa Lucia esisteva già nel 1584 e nel 1589 Cesare Bussi, con suo testamento del 15 luglio, fondò l’attuale cappella di santa Lucia. In quell’occasione fu pitturata da Paolo Guidotti di Lucca (1560 ca-1629) detto Guidone, pittore e scultore prediletto da Paolo V[30]. Nel 1612 e nel 1639 è detta rispettivamente “santa Lucia antiquitus Nativitatis” e della Natività o santa Lucia. Una Cappella della Natività si sa istituita nel 1429 da Marozio di Fazio Nini, posta sotto il patronato dell’Arte degli Speziali (Prot. I Giov. Lorenzo Tignosini, p. 60). Nel 1702 nella Cappella è l’immagine della Madonna con santa Lucia e santa Maria Maddalena definita lacera e indecente. Restaurata nel 1706 3 nel 1724 vi si menzionano un’icona, stalli e pitture e, più tardi, il quadro del Mazzanti (1868-1775) [31]. Decorata così nel 1724 dal card. G. B. Bussi viterbese, che fu vescovo di Ancona ed il cui stemma, i due occhi, si vede nel piancito e in due scudi di bronzo ai fianchi dell’altare, su cui è un discreto quadro della santa titolare[32]. Sull’altare è il quadro della Apparizione della Madonna a s. Lucia raffigurante la santa Lucia, santa Maria Maddalena, la Madonna col Bambino e le anime purganti, opera di Ludovico Mazzanti del 1731-32 [M. Galeotti, p. 581]

La cappella di S. Girolamo (o del Crocifisso)[33] dove è un quadro con l’effige del santo[34]. La cappella di san Girolamo o del Crocifisso è menzionata nel 1437 e nel 1473, poi nel 1532 e nel 1566 è detta anche del Crocifisso: nel 1584 è nominata di san Girolamo e appartenente a Vincenzo Verreschi. È ancora menzionata nel 1622 nella visita pastorale di Tiberio Muti. In quella data è di diritto patronato della famiglia Tassoli, mentre nel 1636 è di giuspatronato della famiglia Primomi[35].

Il Fonte battesimale

 

[1] C. Pinzi, I principali monumenti di Viterbo, Guida pel visitatore, Viterbo, Agnesotti, 1916, p. 96. Per la prima memoria della pieve (775) e per le informazioni relative alla conferma di privilegi concessi alla cattedrale da parte di  papa Eugenio III (1145) si veda G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. I, Viterbo, Cionfi, 1907, pp. 74 e 126 Per la prima menzione di una chiesa di San Lorenzo (805) si veda C. Pinzi, I principali …, op. cit., 1916, p. 97.

[2] Per la concessione alla città del vessillo imperiale e la cattedra vescovile (istituita però soltanto nel 1192) si vedano C. Pinzi, I principali …, op. cit., p. 97; F. Pietrini, Basilica cattedrale di S. Lorenzo M. Viterbo. Monografia a ricordo del trentennale della provincia, Viterbo, la Commerciale, 1957, p. 6; Le chiese di Viterbo, a cura di Attilio Carosi, Viterbo, Angesotti, 1995, scheda sulla Chiesa di San Lorenzo:  Per le suddette informazioni, per la riparazione della chiesa (disposta già dal 1251), per i restauri di poco successivi e per i pontefici eletti a Viterbo si veda G. Signorelli, Viterbo …, op. cit, Vol. I, 1907, pp. 145, 228 – 229, 235, 258-260, 291.

[3] Per le chiese dipendenti dalla cattedrale si veda G. Signorelli, Viterbo …, op. cit, Vol. I, 1907, pp. 306 – 307. Per l’ospedale per gli infermi ed i pellegrini, annesso alla cattedrale si veda F. Pietrini, Basilica …, op. cit., 1957, p. 12. Per la descrizione delle reliquie conservate nella cattedrale ed esposte dal vescovo Pietro (1286 – 1312), per i conflitti risolti con i due sinodi tra le Diocesi di Viterbo e Tuscania, per informazioni sulla formazione della nuova diocesi e sulla condizione della cattedrale in quegli anni si vedano G. Signorelli, Viterbo …, op. cit, Vol. I, 1907, pp. 306-307, 309, 343, 376, 417 e M. Signorelli, Il Palazzo papale e la cattedrale di S. Lorenzo, Viterbo, Angesotti, 1962, pp. 60-62. Per le epidemie e gli eventi naturali che colpiscono Viterbo ed il territorio si veda C. Pinzi, I principali …, op. cit., 1916, p. 98.

[4] Per le notizie relative ai fondi raccolti per sostenere la cattedrale, per le decisioni del cardinale Egidio da Viterbo relativa alle sacre reliquie e per le vicende climatiche ed economiche della città si veda G. Signorelli, Viterbo …, op. cit., Vol. I, 1907, pp. 220, 258, 260;  Vol. II, Parte I, 1938, pp. 186, 227, 310; Vol. II, Parte II, 1940, pp. 24, 31. Sul miracolo del SS.mo Salvatore si veda Il quattrocento a Viterbo. Viterbo, Museo Civico,  Roma, ed De Luca, 1983, p. 93.

[5] Sulla riforma della circoscrizione ecclesiastica voluta dal vescovo Gualterio si vedano G. Signorelli, Viterbo …, op. cit, Vol. II, parte II, 1940, pp. 54, 67, 190 e 246-247; F. Pietrini, Basilica …, op. cit., 1957, p. 9;  M. Signorelli, Il Palazzo …, op. cit., 1962, pp. 114-115.

[6] Per gli interventi voluti dai vescovi di Viterbo sulla cattedrale si vedano G. Signorelli, Viterbo …, op. cit, Vol. II, Parte II, 1940, pp. 276 – 277, 292, 300, 348, 360;  Vol. III, Parte I, 1964, pp. 13 e 97; F. Pietrini, Basilica …, op. cit., 1957, p. 9; M. Signorelli, Il Palazzo …, op. cit., 1962, p. 111.

[7] C. Pinzi, I principali …, op. cit., 1916, p. 101; M. Signorelli, Il Palazzo …, op. cit., 1962, pp. 145, 149 e 154.

[8] Civitavecchia si stacca da Viterbo (1824) per essere unita a Tarquinia (1854), nel 1862 la Diocesi perde ancora Montalto ma acquista Canepina; F. Pietrini, Basilica …, op. cit., 1957, p. 15; C. Pinzi, I principali …, op. cit., 1916, p. 101.

[9] G. Signorelli, Viterbo nella storia della chiesa, II, I, 1938, p. 222, nota 18 cita: Atto 1457 in prot IV Bart. Ser Fredi, p. 12.

[10] M. Galeotti, L’Illustrissima città di Viterbo, 2000, pp. 568-569.

[11] G. Signorelli, II, I, p. 222, nota 19 cita: Mem. Ordelli, p. 126 – Prot. 10 Giac. Lenzi, p. 274.

[12] M. Galeotti, op cit …, p. 585.

[13] A. Scriattoli, op cit …, p. 135.

[14] M. Galeotti, op cit …, p. 572.

[15] A. Scriattoli, op cit …, p. 135.

[16] M. Galeotti, op cit …,  pp. 571-572.

[17] M. Galeotti, op cit …,  p. 572.

[18] M. Galeotti, op cit …, p. 573.

[19] M. Galeotti, op cit …, p. 587.

[20] G. Signorelli, II, I, p. 222, nota 19 cita 1436 – Prot. II Bartol. Tignosini, p. 20-21 – Perg. 832 Catt.

[21] G. Signorelli, II, I, p. 222, nota 19 cita Prot. II di Mariotto Faiani, p. 3t

[22] G. Signorelli, II, I; p. 223, nota 25 cita Atto 1510, prot. 3 di Giov Malvicini, p. 34.

[23] G. Signorelli, II, I; p. 223, nota 25.

[24] M. Galeotti, op cit …, p. 577.

[25] M. Galeotti, op cit …, p. 579.

[26] M. Galeotti, op cit …, pp. 580, 587.

[27] G. Signorelli, op cit …, II, I; p. 223, nota 25 cita 1437, Prot. Bart. Ser Fredi, p. 51.

[28] M. Galeotti, op cit …, pp. 569, 587.

[29] M. Galeotti, op cit …, p. 569.

[30] M. Galeotti, op cit …, p. 580.

[31] M. Galeotti, op cit …, p. 581.

[32] A. Scriattoli, op cit …, p. 138.

[33] G. Signorelli, II, I; p. 223, nota 25 cita 1437, Prot. Bart. Ser Fredi, p. 51.

[34] A. Scruattoli, op cit …, p. 139.

[35] M. Galeotti, op cit …, p. 584.

[Scheda di Elisa Angelone – Cersal]